Quando guardiamo un film o una serie TV ci sentiamo in qualche modo rappresentati? Se ci soffermiamo a pensare credo che per molti di noi la risposta sia sì. Innanzitutto, perché in maggioranza le persone che vedono, camminano, sentono e percepiscono il mondo esterno come molti di noi sono le protagoniste. Inoltre, le storie che ci raccontano sono vicende in cui non è difficile provare a identificarsi. Se un film ci piace significa che ha parlato di noi, o di qualcuno vicino a noi, o semplicemente che ha parlato a noi.
Ora proviamo a pensare a quante volte abbiamo visto protagoniste delle persone disabili. Non sono tantissime. Hanno sfondato la cultura di massa film come Quasi amici (2011 di Toledano e Nakache) e alcune serie tv di Netflix come Atypical, ma se guardiamo al passato non troppo remoto spesso, quasi a rispondere ad una distorta tacita convenzione, i personaggi con disabilità sono buffi o ispirano prevalentemente tenerezza e compassione. Se vogliamo, dunque, conoscere una prospettiva diversa e più obiettiva attraverso il cinema, consiglio di seguire il Disability Film Festival.
Questa manifestazione mi è stata raccontata da Alessia Gramai, nostra autrice e una delle curatrici del festival. Il DFF nasce un anno fa da un’idea della critica cinematografica Carmen Riccato e del giornalista Marco Berton, entrambi membri dell’Associazione Volonwrite che si occupa di comunicazione sociale sul tema della disabilità e della salute. L’iniziativa prevede una serie di incontri letterari e musicali, interviste e naturalmente un’ampia rassegna di film, per raccontare la disabilità e la diversità da un punto di vista interno e inclusivo. Le pellicole presenti sono, infatti, opere di registi disabili oppure film in cui recitano attori disabili. E non si tratta di un aspetto scontato (il paradosso è che raramente le figure disabili sono interpretate da attori che vivono quella situazione). La speranza è spalancare una finestra su un pezzo della nostra realtà, che per quanto possa essere distante dal vissuto personale di ciascuno di noi, c’è, esiste e affronta la vita e le sue problematiche senza gli stereotipi che ancora frequentemente filtrano l’idea di disabilità. “Una persona disabile può fare tutto se messa in condizioni di farlo dalla società” racconta Alessia.
Uno degli spunti del festival è provare a pensare alla disabilità non come una mancanza, ma semplicemente come un modo diverso di vivere la realtà.
La rassegna avrebbe dovuto svolgersi a dicembre, ma la situazione Covid non lo ha permesso e i tre giorni di eventi sono stati rimandati in primavera nella grande fiducia di poterli vivere come meritano in presenza. Nel frattempo, però, il vulcano di idee del festival ha dato origine al DFF OFF, una serie di incontri e approfondimenti on-line con un gruppo di ospiti d’eccezione, tra cui il regista Beniamino Barrese.
La bella chiacchierata che ho fatto con Alessia in un tardo pomeriggio di dicembre attraverso l’ormai irrinunciabile schermo WhatsApp, mi ha davvero aperto la mente su tematiche che io stessa conoscevo, e soprattutto percepivo, in modo parziale e mi ha trovata molto entusiasta rispetto a questa manifestazione, un festival che celebra la vita e rivendica un grande diritto, proprio di ogni essere umano: quello di essere rappresentato nell’arte e di sentirsi a pieno parte della propria cultura di appartenenza.
Potete rivedere gli incontri del DFF OFF a questo link: https://www.youtube.com/playlist?list=PLQuNwBZokt_bvZy0gkp903kiNHCJg5Fjz
Seguite il DFF sulle pagine Facebook “Disability Film Festival” e Instragram “disabilityfilmfestival”

ELGA ACERNO
WriterLavora come bibliotecaria presso la Biblioteca Civica del proprio paese
e collabora con l'Amministrazione per iniziative culturali e sociali,
legate soprattutto al museo etnografico
che gestisce insieme ad altri colleghi.