Cinque aggettivi per la scuola del domani

In questi giorni è finalmente stato approvato fra mille polemiche, sfociate persino nell’ostruzionismo dell’opposizione, il decreto legge con cui il governo giallorosso mette mano alla scuola, in un momento storico particolare segnato inevitabilmente dall’emergenza legata al Coronavirus.
Proprio alla gestione dell’impatto avuto dalla pandemia sulla realtà scolastica sono legati i principali punti del lavoro portato avanti dalla Ministra Azzolina, che mirano a disciplinare lo svolgimento degli esami conclusivi del primo e del secondo ciclo di studi. Nessuna grande novità in realtà, con la conferma delle indiscrezioni che giravano già da diverso tempo: gli studenti alle prese con la maturità dovranno affrontare esclusivamente una prova orale con una commissione giudicatrice interna, mentre i loro più giovani colleghi, che stanno per terminare il ciclo delle scuole medie, riceveranno una valutazione da parte del consiglio di classe sulla base del loro percorso scolastico e della discussione di un loro elaborato online.
In un periodo difficile, che ha costretto la scuola a reinventarsi improvvisamente con forme di didattica a distanza, fra le inedite difficoltà legate al concetto finora sconosciuto di “Digital divide”, il decreto contiene anche punti interessanti per il futuro, prossimo e non, della scuola, fra cui la regolarizzazione, tramite concorso, di 32000 precari dell’insegnamento, il nuovo ruolo dei sindaci nelle vesti inedite di commissari straordinari per la messa in sicurezza dell’edilizia scolastica e la possibilità per gli studenti disabili, su richiesta della famiglia, di ripetere l’anno per colmare eventuali lacune formative. Non solo: tornano fra l’altro anche i giudizi (i vari ottimo, distinto, ecc.) al posto della valutazione numerica nelle elementari.
La legge firmata Azzolina è auspicabilmente il primo passo delle istituzioni italiane nel rispondere alle diverse voci che, durante e dopo la quarantena, si sono levate nel chiedere che l’istruzione e la ricerca tornino ad occupare un ruolo centrale all’interno del programma fondativo della nostra società. Sulla spinta di questa riflessione ho provato a selezionare cinque aggettivi che da ex studente ed aspirante docente vorrei descrivessero il mondo della scuola negli anni a venire:

1) Democratica. Una scuola in cui le decisioni prese dalla politica, esecutivo e Parlamento, siano in accordo per quanto possibile con le altre parti sociali coinvolte nella realtà dell’istruzione, ossia gli studenti stessi ed il personale docente ed amministrativo.

2) Inclusiva. Una scuola che possa essere un luogo accogliente per tutti i bambini ed i ragazzi, senza distinzioni di genere, etnia, credo religioso, indipendentemente dal fatto che siano studenti “ordinari”, o che rientrino nell’universo dei BES (Bisogni Educativi Speciali, nda) o ancora che siano diversamente abili. D’altronde è la Costituzione stessa a chiedercelo, nel suo Articolo 3 che personalmente ritengo uno dei più belli dell’intero corpus normativo:

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.“

3) Aggiornata. Una scuola che sappia essere al passo con i tempi, senza però perdere la sua identità unica e caratterizzante. Questo non vuol dire “moderna”, aggettivo che ormai è svalutato e che trovo fuori luogo se applicato a questo mondo, né tanto meno significa necessariamente avere lavagne elettroniche all’ultimo grido, ma sta piuttosto ad indicare una metodologia didattica che sappia tenere conto debitamente degli studi recenti in materia di psicologia dell’apprendimento, e che di conseguenza sappia intrattenere in maniera efficace i ragazzi. Deve essere il corpo docente in primis a dare un’ottima prova di sé per combattere con convinzione lo stereotipo del professore noioso, la cui lezione assomiglia più ad un monologo dal tono piatto che ad una trasmissione partecipata di conoscenze. A questo proposito è importante uno svecchiamento generazionale, portando insegnanti giovani, aggiornati e motivati, senza però che venga accantonata l’indispensabile esperienza dei colleghi più anziani.

4) Multimediale. Una scuola che sappia ricorrere a più mezzi per garantire un insegnamento a 360° gradi. Certo, la lezione frontale e discorsiva deve rimanere il cuore della didattica, ma nell’era tecnologica nella quale viviamo non può non accompagnarsi a strumenti quali foto, filmati e documentari, per stimolare ad esempio anche la memoria visiva dell’alunno. Da non dimenticare l’importanza delle buone vecchie visite guidate.

5) Umana. Una scuola che riesca ad essere uno spazio fondamentale di formazione non solo culturale, ma anche emotiva, per le prossime generazioni, senza limitarsi ad essere un luogo in cui i più giovani trascorrono anni sui banchi soltanto per assorbire come una spugna una massa impressionante di nozioni. In questo contesto è vitale, e non è superfluo ribadirlo, la tutela della loro salute fisica all’interno dell’edificio scolastico, ma che sia accompagnata sempre anche dalla salvaguardia della loro integrità emotiva. Fondamentali in quest’ottica sono la lotta senza quartieri a bullismo e cyberbullismo, nonché la garanzia di uno sportello d’ascolto per un supporto psicologico professionale.

Qual è la conclusione?
Tutti noi dovremmo aprire gli occhi e capire che oggi più che mai è necessario che i giovani siano parte attiva e non solo passiva nella costruzione del loro bagaglio culturale e della loro personalità. D’altronde ne va soltanto del futuro del nostro Paese, oltre che della loro vita.

SUGGERITO PER LA LETTURA da Luca