Find your pride!

Stonewall, 1969.
In risposta ad una delle abituali retate della polizia in bar e night club gay nell’America degli anni Sessanta, nasce il movimento di liberazione omosessuale come lo conosciamo oggi in tutto il mondo.
I tempi erano maturi, sull’onda del Sessantotto e delle proteste contro la guerra in Vietnam.
Ed è proprio in ricordo degli avvenimenti di Stonewall che ogni Giugno ricorre il Pride Month, il mese dell’orgoglio.

Targa a Stonewall Inn

Quest’anno, causa Coronavirus, tutti gli eventi dal vivo sono stati annullati, ma, in compenso, si terrà il primo Global Pride via web.
Il 27 Giugno un canale dedicato trasmetterà esibizioni, interventi e spettacoli per tutto il giorno.

Con queste premesse, quindi, vorrei raccontarvi la storia di un giovane attivista irlandese.
Una storia durata solo una ventina d’anni, purtroppo, ma una vita piena.
Una vita raccontata abilmente nel film “Pride”.

Mark Ashton, classe 1960, irlandese di nascita, si trasferisce presto a Londra.
Non ha paura di prendere posizione.
Seppur in tenera età, lavora come volontario per il più vecchio servizio di telefono-amico a sostegno delle persone omosessuali, si schiera contro il disarmo nucleare e aderisce alla Lega dei Giovani Comunisti.

Ma è nel 1984 che la Storia lo mette davanti al suo destino.
Ad un gruppo di minatori e anche al suo destino.

Verso la fine del ‘900, le cave di estrazione carbonifera in funzione erano solo più 173 (dal migliaio di inizio secolo) e la produzione così come il consumo di carbone stavano calando in modo impressionante.
Il lavoro diventava sempre più meccanico ed i licenziamenti sempre più frequenti.

Dopo l’annuncio da parte del governo conservatore di Margaret Thatcher di smantellare almeno venti siti estrattivi, minatori di tutto il paese si unirono in uno sciopero generale.
E la Thatcher andò oltre, sequestrando i fondi dell’Unione Nazionale Minatori e rendendo di fatto inutili le donazioni di privati.

E’ qui che Pride inizia.

Varie notizie scorrono in tv. Lo sguardo del giovane Mark (interpretato da un poco noto, ma carismatico Ben Schnetzer), viene catturato da migliaia di minatori arrabbiati che sfilano per le strade inglesi.
Non può fare a meno di notare delle somiglianze di trattamento da parte di polizia e tabloid per i minatori adesso e gli omosessuali sempre.
“Le legnate che prendiamo di solito noi, ora le prendono loro”.

Alle parole, però, seguono anche i fatti.
Mark propone, o meglio obbliga (impossibile dirgli di no) il suo amico e compagno di battaglie Mike a supportare i minatori, raccogliendo dei fondi attraverso la creazione dell’associazione Lesbians and Gays Support the Miners (LGSM).
I membri sono pochi, pochissimi. Ma Mark non è tipo da arrendersi così presto.

L’LGSM si arma di secchi ed inizia ad accumulare ed accumulare sterline, non senza occhiatacce di vari passanti.
I risultati, però, superano le aspettative ed inizia così un giro di chiamate per trovare chi, effettivamente, quei soldi li possa ricevere e sfruttare.
Ma si sa, i pregiudizi non guardano in faccia a niente, nemmeno al denaro.
Le cornette continuano a riattaccarsi; i diversi sindacati non ne vogliono sapere.

Non rimane che cercare il contatto diretto e, sfogliando una cartina geografica, Mark e gli altri intravedono in una comunità di lavoratori del paesino minerario di Onllwyn, nel sud Galles, una possibilità.

Il gruppo giovanissimo si mette in marcia, quindi, a bordo di un furgoncino giallo con tanto di OUT LOUD dipinto sulla fiancata.
Ad attenderli, uno scenario ben diverso dalla grande città in cui si muovono abitualmente.
Onllwyn consiste in una strada principale, sulla quale si affacciano due fila di case.
Trasmette chiusura, la chiusura dalla quale i giovani attivisti dell’LGSM sono tutti voluti o dovuti scappare.

E chiusura si percepisce anche negli sguardi della maggior parte degli abitanti di Onllwyn.
Della maggior parte, ma non di tutti.
Il rappresentante della comunità, Day Donovan, e alcuni suoi collaboratori sembrano incuriositi dai nuovi arrivati e sono proprio questi personaggi a spingere Mark a pensare di essere sulla buona strada.
Di fronte alla volontà di tornare a Londra di alcuni tra i suoi compagni, Mark avanza come un treno
“Non voglio nascondermi, scusarmi o scappare”.

Iniziano così giorni di indifferenza per alcuni e scoperta per altri.
Giorni utili per sfatare leggende e miti (“Ho sentito che le lesbiche sono tutte vegetariane”).
Giorni che ci fanno capire come non esista tempo storico a scusante delle discriminazioni.
Giorni che culminano in un ballo liberatorio sulle note della trascinante “Shame Shame Shame” di Shirley and Co.
Vi sfido a non ridere e ballare di gusto allo stesso tempo.

Ma dopo la quiete c’è da aspettarsi la tempesta.
I tabloid vengono a conoscenza della presenza dell’ LGSM ad Onllwyn ed iniziano a circolare giornali dai titoli “i pervertiti che mantengono i minatori”.
La comunità decide di rimettere ai voti l’accettazione degli aiuti di Mark e del suo gruppo e, grazie ad uno stratagemma di procedura, pone fine al rapporto instaurato.

Mark è deluso; come spesso capita a chi non lascia nulla nella sua vita in sospeso, sente di non aver fatto abbastanza.
Tornato a Londra, si allontana dai suoi compagni che, senza di lui, rischiano di perdersi.
Il film dà spazio allo spettatore per sentire il vuoto. Per interiorizzare il fatto che con le porte in faccia non si conclude nulla.

Il tempo passa. 1985.
I minatori, dopo ben 51 settimane di lotta, non possono che tornare a lavorare, mentre a Londra è tempo per un nuovo Gay Pride.
Mark, dopo scuse plateali per la sua assenza, riabbraccia i suoi compagni ed è pronto a militare nuovamente nelle file dell’LGSM.
Gli organizzatori del Pride, però, sembrano decisi a tagliare fuori la politica quest’anno; rinunciare agli striscioni a favore dei minatori o accomodarsi in fondo al corteo.

A sorpresa, irrompono tra la folla, uno, due, decine di bus provenienti da Onllwyn, Galles.
E Mark ed il suo gruppo, ora troppo numeroso, non possono che guidare il corteo.

Il giovane Mark Ashton morirà solo due anni dopo a causa di quella bestia che è l’AIDS.
Pride mi ha regalato (e spero sarà lo stesso per voi) una pagina irriverente, colorata e profondamente umana della sua vita.
Pride mi ha regalato una visione più ampia, la visione di Mark.
“Che senso ha lottare per i diritti dei gay, ma non per quelli di altri! L’ho sempre trovato incoerente!”

SUGGERITO PER LA LETTURA da Federica