
Fonte Copertina: Mole24
C’è un gruppo di ragazzi che ogni venerdì, nel pomeriggio, si ritrova in Piazza Castello, cuore del centro storico di Torino, armati di biciclette, striscioni e megafoni. La loro missione? Convincere la popolazione, nella città italiana simbolo dell’automobile, dell’emergenza climatica già in atto e dell’urgenza di misure per fronteggiare una crisi che, se sottovalutata, potrebbe essere catastrofica. Sono i volontari della sezione torinese di Fridays for Future, il notissimo movimento internazionale, fondato dalla giovane, ed altrettanto famosa, attivista Greta Thunberg, ed impegnato in una lotta senza quartieri sui fronti ambientali e sociali. Affascinato dalle loro argomentazioni e dal coraggio con cui si battono per i loro ideali, li ho contattati per un’intervista e ho avuto il piacere di parlare con Alessio, uno dei loro membri, mentre era in viaggio diretto verso il Lago Maggiore, pronto per circumnavigarlo con l’immancabile bicicletta.
Una manifestazione di FFF a Torino del 24/05/2019.
Fonte: http://torinoggi.it
Partiamo con un bilancio, anche se sicuramente prematuro, di come è stato questo assurdo 2020 per voi di FFF Torino.
Il bilancio è in realtà ancora apertissimo, anche perché l’emergenza legata all’epidemia del COVID ha stravolto, per noi e anche per altri movimenti, le riflessioni che erano già in atto. Tuttavia siamo riusciti a sfruttare il momento di pausa forzata dal contatto sociale, dovuto alle regole sul distanziamento, per concentrarci ancora di più sul nostro percorso, chiedendoci cosa potessimo ancora fare e come rendere migliore ciò che già facciamo, ad esempio potenziando i canali social. Abbiamo anche trovato il modo per far sentire fisicamente la nostra presenza, seppure in modo simbolico, anche nel periodo di lockdown: alcuni di noi, nel rispetto delle norme anti COVID, sono andati a posare delle scarpe in piazza, per far passare il messaggio che non ci eravamo dimenticati della nostra lotta.
Le scarpe lasciate dai manifestanti di FFF davanti al Municipio di Torino, in pieno lockdown.
Fonte: La Repubblica
Il 2020 sarà ricordato come l’anno legato all’epidemia di coronavirus. Uno degli aspetti forse più passati sottotraccia dal mondo dell’informazione è la correlazione, che sembra essere stata dimostrata da alcuni studi scientifici, fra le epidemie degli ultimi anni, tra cui la pandemia del COVID-19, e l’inquinamento.
Purtroppo questo genere di informazioni tende ad essere trasmesso più come notizia scandalistica e mezzo per il clickbaiting sul web, senza un solido approfondimento. Secondo noi c’è una stretta correlazione fra l’insorgenza di queste malattie ad ampia diffusione e lo sfruttamento di alcuni ecosistemi naturali, con la conseguenza dello stabilirsi di un contatto, prima inusuale, fra l’uomo e specie naturali non domestiche. Il trasporto merci e la globalizzazione frenetica hanno poi sicuramente facilitato il contagio.
È importante per noi sottolineare come, secondo alcune ricerche, questo tipo di malattie e l’inquinamento abbiano in comune la stessa origine, cioè lo sfruttamento degli ecosistemi naturali. Distruggere l’ambiente non porta quindi soltanto alla crisi climatica, ma anche a problemi di natura sanitaria su vasta scala, come in realtà già da 20 anni viene studiato.
Purtroppo sembra che gran parte delle persone non siano a conoscenza della correlazione fra inquinamento ed epidemie.
È dimostrato come l’inquinamento indebolisca il sistema respiratorio, aprendo di fatto la strada a malattie polmonari, quali per l’appunto il COVID; è paradossale però che non ci si informi adeguatamente su questo aspetto, contando che, già da solo, il “semplice” inquinamento comporta 80000 morti premature all’anno. A Torino si è studiato ad esempio che, statisticamente, le persone vivono due anni e mezzo in meno, a causa dello smog. Queste morti però sembrano essere trattate dai media quasi come se fossero di serie B rispetto a quelle dovute al coronavirus.
Purtroppo il clima viene percepito dal cittadino medio come qualcosa di remoto e distante, mentre la problematica legata all’inquinamento sembra colpire più da vicino, motivo per cui spesso usiamo la questione dello smog per avvicinare più facilmente le persone, per poi iniziare un discorso più ampio sull’ambiente.
Uno dei punti su cui insistete di più è la sensazione di urgenza, di un’emergenza rovinosa e già in atto da affrontare subito, non tra 30 anni. Nel vostro programma Back to the future stabilite come deadline per la riduzione delle emissioni il 2028, ben prima del 2050 fissato dall’Unione Europea. Secondo voi dunque, non c’è quindi tempo per agire con calma, ma bensì bisogna intervenire subito con misure strutturali e decise. A questo proposito, per fronteggiare l’emergenza COVID, il Governo italiano ha convocato degli Stati Generali, a cui peraltro il movimento di FFF è stato invitato, e ha varato un decreto rilancio sulle misure per far ripartire il Paese. Siete rimasti soddisfatti di quanto è stato fatto dall’esecutivo?
Tutta la nostra campagna di Ritorno al futuro, lanciata in questi mesi, era focalizzata sulla necessità di ripartire in un altro modo, dal momento che il sistema sociale ed economico passato ha dimostrato la sua iniquità. Volevamo quindi che i soldi da investire, per il futuro dell’Italia post-COVID, fossero collocati in altri settori strategici rispetto alla solita ripartenza basata su calcestruzzo, cemento e combustibili fossili, con una crescita non esclusivamente mirata al fatturato, ma diversa. Inoltre, secondo alcune ricerche, investire nelle energie rinnovabili porterebbe molti nuovi posti di lavoro e di maggiore qualità.
Alcuni provvedimenti presi, dal bonus biciclette alla pianificazione di nuove piste ciclabili, sono stati molto buoni, ma bisogna anche tenere conto che in un Paese civile tutto ciò sarebbe dovuto essere stato fatto già 20 anni fa. Personalmente spero che questa tipologia di bonus, come l’incentivo economico alla viabilità “dolce”, siano riproposti in futuro, magari con una cadenza annuale, perché ho avuto modo di vedere come abbiano funzionato molto bene: diversi miei amici sono passati dallo spostarsi in città con l’auto all’uso magari del monopattino elettrico. Questo piccolo sostegno ha dimostrato come, finanziando i giusti settori e con una buona comunicazione, sia possibile davvero provare a mutare la situazione.
Per noi rimane fondamentale cambiare la rotta, disincentivando carbone, derivati del petrolio e gas naturali, investendo al contempo sul rinnovabile, cosa che il Governo, con la metanizzazione della Sardegna, non ha ancora avuto il coraggio di fare.
I membri di Fridays for Future, con alcuni esponenti del governo italiano, agli Stati Generali che si sono tenuti lo scorso giugno.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
Passando ad un discorso più specifico su Torino, la sindaca Chiara Appendino si è attirata molte critiche, specie dalle fasce di cittadini più in là con l’età, con la sua politica in campo green: al centro del suo programma, in questi quattro anni, hanno trovato una collocazione rilevante misure come il blocco del traffico, in seguito allo sforamento del limite delle emissioni di PM10, o la creazione di numerose piste ciclabili. Voi di FFF Torino come valutate il suo operato?
La sindaca di Torino, Chiara Appendino, in bicicletta davanti al Municipio.
Fonte: Il Corriere Torino
Le ultime disposizioni, come le piste ciclabili o il limite dei 20 km/h in molti controviali, sono ottime; a tal proposito, secondo il comitato Torino respira, fissare un tetto basso alla velocità massima nelle vie laterali porta ad un beneficio sia per la mobilità sia per l’emissione di agenti inquinanti. Se è giusto riconoscere quanto di buono fatto dalla giunta comunale, è anche però doveroso sottolineare come questo sia ancora insufficiente: non bisogna ad esempio limitarsi a realizzare due strisce bianche affiancate al marciapiede, chiamando ciò “pista ciclabile”, come in alcuni casi è stato fatto, ma bisogna impegnarsi per un cambio di mentalità collettiva: finora la strada intrapresa dal Comune è stata quella di un tentativo di sintesi fra le posizioni di pedoni, ciclisti ed automobilisti, con il risultato di non riuscire ad accontentare davvero nessuna di queste tre categorie. Bisognerebbe invece provare a sradicare, come in realtà riconosco che un po’ negli ultimi anni si è tentato, la cultura di Torino come città dell’automobile, anche se ovviamente ciò non è semplice ed è necessario del tempo.
Di per sé la posizione sull’Appendino, all’interno del mio movimento, è molto variegata: io sono uno dei meno critici, ma per il semplice motivo che usando molto la viabilità ciclabile sono rimasto positivamente colpito da quanto è stato fatto. Altri invece le contestano la scarsa attenzione per alcuni temi sociali, che per noi, da sempre, vanno di pari passo con quelli ambientali. Per il discorso emissioni poi, molti di noi hanno avanzato delle perplessità sul modo in cui sono stati analizzati i dati: Torino ha ricevuto recentemente un premio dovuto al fatto che le sue emissioni di CO2 siano nettamente calate rispetto agli anni ‘90, ma queste statistiche non tenevano assolutamente conto né del calo della popolazione cittadina negli ultimi 30 anni, né di come molte aziende abbiano spostato la loro produzione fuori dal capoluogo piemontese. Contestiamo talvolta alla politica il voler apparire più green di quello che si è realmente, con lo scopo di fare propaganda.
Un’ultima e importante critica: ormai un anno fa il Comune di Torino ha sottoscritto una dichiarazione di emergenza climatica, senza che poi sia minimamente passato il messaggio alla popolazione di essere in uno stato di emergenza.
Il 2019 invece si è concluso per voi con la visita di Greta a Torino. Cosa ha significato la venuta in città di quella che è riconosciuta come la leader e fondatrice del vostro movimento?
È stato sicuramente un grande onore, anche se crediamo comunque che siano più importanti le idee delle persone. Era stato già molto bello quando Greta, a settembre, aveva condiviso sul suo facebook la foto del nostro corteo, facendo un post con diverse foto di manifestazioni nel mondo più un’immagine in cui eravamo solo noi. In questo modo aveva dimostrato, mesi prima, una riconoscenza per quanto di positivo era stato fatto a Torino, grazie alla nostra solida struttura organizzativa. L’arrivo di Greta è stato anche uno strumento per veicolare con più forza le nostre idee, approfittando della sua notorietà e dell’attenzione scandalistica di cui purtroppo gode; ma prima di tutto la sua visita è stata una festa per noi: l’abbiamo accolta, le abbiamo fatto fare un giro in città, abbiamo parlato, riso e persino cantato insieme, senza però “sfruttarla” come una mascotte, dandola in pasto al pubblico, ma anzi cercando di proteggerla da questo mondo “avido” di celebrità. Greta poi, per via della sua sindrome, non ama molto la confusione, senza contare che era stanca e frastornata, essendo appena tornata da Madrid per un’occasione importante a livello mondiale come la Cop25. Un bel riconoscimento insomma, ma in fin dei conti solo un giro di boa.
Foto di gruppo di Greta con gli attivisti di Fridays for Future – Torino.
Fonte: La nuova Ecologia
Come ti spieghi alcune critiche feroci rivolte all’attivista svedese, specie dalle persone più mature? Non sono poche le persone che l’accusano addirittura di bighellonare in giro per manie di protagonismo, senza dedicarsi totalmente alla scuola come i suoi coetanei.
La risposta, specie per l’Italia, è semplice: è una ragazzina, è giovane ed è donna. Purtroppo è ancora presente l’antica concezione secondo la quale quanto affermato da una persona di sesso femminile non ha valore e che farebbe meglio a tornare a lavorare in cucina. Un discorso simile si applica per l’età: alcuni accusano Greta di avere scarsa esperienza della vita per via della sua giovinezza, esortandola a tornare sui banchi di scuola. La ricerca della celebrità, secondo me, è anche una strategia per veicolare meglio il suo messaggio, perché oggi ormai conta di più il personaggio che quello che dice. E direi che questa tattica, anche se discutibile, ha funzionato, considerando che piazze così piene in Italia si sono viste raramente.
Greta impegnata in un discorso alla Cop25 di Madrid lo scorso dicembre.
Fonte: La Repubblica
Un punto molto interessante del vostro programma riguarda lo stretto intreccio fra la crisi climatica ed ambientale e la disuguaglianza sociale. Spesso questo magari passa in sordina, ma per voi non ci può essere soluzione al problema ambientale senza una nuova politica sociale. In questi giorni peraltro si è ripresentato un consistente afflusso di migranti verso l’Italia e l’Europa. Cosa si può fare per affrontare queste problematiche che secondo voi vanno a braccetto?
Premessa: è stato proprio dimostrato scientificamente, a partire dalle leggi della termodinamica, che un sistema volto ad una crescita infinita non può che portare, oltre che all’ovvio aumento di emissioni di biossido di carbonio, anche alla disuguaglianza sociale. Io stesso ho seguito una lezione del Prof. Tartaglia (nda: docente al Politecnico di Torino) che dimostrava come i problemi sociali non fossero altro che una conseguenza delle equazioni fondamentali della fisica. D’altronde questo è uno dei nostri principali punti di forza: le nostre argomentazioni sono avvalorate sempre dalla ricerca scientifica, non si basano sulle nostre credenze.
Venendo al punto: banalmente le conseguenze della crisi climatica sono avvertite di più dalla fasce più deboli e più povere della popolazione mondiale. Una politica economica che punti alla riconversione energetica può risolvere entrambi i grattacapi, fornendo numerosi e migliori posti di lavoro. Se ci pensiamo un attimo, molti lavoratori impiegati nelle grande acciaierie o in altre grandi aziende inquinanti, spesso provengono da ceti sociali più bassi: tutto ciò rischia di portare tristemente all’assurda scelta fra salute e lavoro, come nel caso ormai famosissimo dell’ILVA di Taranto.
Si stima che a fine secolo i migranti strettamente climatici potrebbero raggiungere quota un miliardo, a cui si devono aggiungere coloro che saranno in fuga dalla loro patria per le guerre, magari per la contesa delle risorse idriche, per cui una politica migratoria è indispensabile, magari a livello europeo. Sto rispondendo però a titolo più personale, perché questo è fuori dal seminato di Fridays for Future.
Una terribile foto scattata in Libia e che evidenzia il grande disagio ambientale da cui fuggono molti migranti.
Fonte: La Repubblica
Poniamoci nei panni delle persone a cui è rivolta la vostra propaganda: facciamo finta che io sia un cittadino medio torinese di mezza età, cresciuto in un altro contesto sociale ed economico, che finora ha basato i suoi spostamenti quasi esclusivamente sull’automobile. Sono rimasto colpito dalle vostre tesi e desidero fare qualcosa anche io, nel mio piccolo, per provare a cambiare il futuro. Cosa posso fare?
- Comportarsi in una maniera che abbia scarso impatto sull’ambiente. Quindi scegliere forme di viabilità dolce e cercare di non impiegare materiali usa e getta.
- Informarsi sulla crisi climatica.
- Informare conoscenti e amici sulla crisi climatica.
- Diventare attivisti. Secondo uno studio è necessario che almeno il 3.5% della popolazione sia convinta di una tesi per poter attuare un cambiamento. Il lavoro del volontario si può ricondurre semplicemente a due linee-guida: informare il cittadino comune e fare pressioni sulla classe politica.
Un’ultima domanda, un po’ maliziosa. Fridays for Future è un movimento di destra o di sinistra?
Si tratta di una domanda difficile. Noi di Fridays ci rivolgiamo a tutta la sfera politica, senza distinzioni di fazione, perché qualsiasi sindaco, qualsiasi presidente di regione, può attuare un cambiamento a prescindere dal suo schieramento politico. Non me la sento però di rispondere a nome del movimento, anche perché perché è un argomento che non abbiamo mai trattato e quindi non sarebbe corretto. Se però posso darti una mia risposta personale, è abbastanza ovvio che FFF penda più verso la sinistra, per il semplice motivo che statisticamente alcuni provvedimenti, simili alle misure da noi richieste, sono stati portati avanti più da governi di sinistra rispetto a quelli di destra. Ma ripeto: le nostre idee sono basate esclusivamente sulle fonti scientifiche. E la scienza, per fortuna, non è né di destra né di sinistra.
Ringrazio tutto Fridays for Future Torino, e in particolare Alessio, per la grande gentilezza e disponibilità dimostratemi.

EDOARDO ANDREA CANCEDDA
Writerassolutamente non richieste su tematiche più grandi di lui, sentenziando in moda barocco su politica e società.
Alla perenne ricerca di una propria identità partitica, è fermamente convinto che la vita non sia altro
che una partita a scacchi contro il tempo.