
Fino al febbraio di quest’anno l’economia globale planava serena, seppur la rotta non fosse totalmente senza turbolenze (a causa, ad esempio, delle frizioni tra Stati Uniti e Cina, che già prima del coronavirus non erano certo ottimali), e gli istituti di ricerca già proiettavano un’estate in cui numerose mete turistiche avrebbero avuto un boom di visitatori mai visto, tra cui addirittura il remoto Bhutan – designato dalla Lonely Planet come “top destination” 2020.
Poi, la valanga del coronavirus arrivava inattesa a travolgere prima l’Italia, poi l’Europa e infine tutto il globo: l’economia globale comincia a vacillare, salvo poi in breve tempo precipitare verso il basso – per quest’anno Eurostat prevede un crollo del Pil nell’Eurozona tra il 7 e il 10%. Uno dei settori che sarà più colpito dalla recessione globale in arrivo è indubbiamente quello aereo.
Per apprezzare la magnitudine della crisi si potrebbero citare tanti dati, ma forse basta prendere un esempio per tutti: Easyjet. La nota compagnia lowcost britannica ha annunciato un piano di riduzione del personale di circa 4.500 unità, ovvero il 30% del personale. La compagnia aerea prevede di ridurre la propria flotta di aeromobili a 302 aerei, 51 in meno di quanto previsto prima dello scoppio di Covid-19.
Ammontano già a decine di miliardi, del resto, i finanziamenti pubblici che il governo americano ha dovuto stanziare per salvare numerose linee aeree dal fallimento, mentre la Germania ha da poco annunciato un pacchetto di aiuti per la principale compagnia aerea tedesca (Lufhansa). La stessa Alitalia molto a breve potrebbe dover necessitare di un intervento del governo italiano al fine di evitare il peggio.
Il problema strutturale è che la crisi da Covid-19 sembra essere un colpo fatale per un settore, come quello aereo, che prima della pandemia si basava su modelli di business fortemente flessibili ed essenzialmente basati su una restrizione totale dei costi fissi e del personale.
La “generazione Ryanair” – per intenderci, quella nata dopo gli anni Ottanta – era abituata a volare in condizioni di affollamento fisico che talvolta sfociavano in grottesco caos: tutti abbiamo negli occhi le immagini, anche solo per sentito dire, di un aereo lowcost stipato fino all’ultimo centimetro quadrato disponibile, colmo di passeggeri e di bagagli d’ogni sorta. Inutile poi addentrarsi sulle raffinate tecniche che i vettori lowcost utilizzavano per abbassare il più possibile il prezzo degli “slot” aeroportuali, lucrando al massimo grazie a un utilizzo continuo degli aeromobili.
Ora tutto ciò non sarà più possibile, ovvero: sarà possibile ma a condizioni diverse. Già solo pensando alla misura più dibattuta di quelle di cui si sta discutendo – vale a dire l’introduzione dell’obbligo di un “posto libero” per ogni fila – le conseguenze sarebbero devastanti: secondo i calcoli effettuati da Iata (organizzazione internazionale delle compagnie aeree), solo 4 aerolinee su 122 consultate hanno dichiarato di poter sostenere la misura economicamente.
Tuttavia, il “posto libero” rischia di non essere l’unica spada di Damocle: le mascherine saranno chiaramente obbligatorie, così come sarà vietato far attendere i passeggeri all’imbarco ammassati in piccole salette d’attesa (anche questa è un’esperienza vissuta da tutti i fruitori di lowcost del mondo).
Sembra fin troppo facile predire perdite astronomiche: si stima una caduta dei ricavi di 314 miliardi a livello globale e un contemporaneo aumento astronomico del debito in capo alle compagnie. Una situazione, insomma, di sovraindebitamento che sta già portando a un’ondata mai vista di cassa integrazione e di inevitabili licenziamenti.
Covid-19 rischia di trasformare i nostri terminal aeroportuali in lande deserte popolate da pochi passeggeri impauriti, devastando uno dei pochi settori (quello turistico) che in questi anni aveva trascinato la domanda globale. La nostra voglia di ripartire e di viaggiare nuovamente, unita alla capacità dei governi di approntare dei piani di salvataggio efficienti ed efficaci, potrà evitare che questo rischio si avveri.