
Secondo il filosofo e critico Gilles Deleuze1, il cinema è uno strumento di comunicazione poderoso, non solo e non tanto perché capace di raggiungere le masse, ma in quanto mezzo di conoscenza che traduce in immagini idee e concetti filosofici. Proprio grazie a tale passaggio semplificante in un certo senso, è possibile rendere intellegibili le idee a un più vasto pubblico. Sia i film d’autore sia i film di genere contengono tale possibilità.
Proviamo ad analizzare per esempio due film che appartengono ai due diversi filoni e si vedrà come entrambi veicolino pensieri profondi e riflessioni politiche.
In particolare analizzeremo come l’idea di Impero venga declinata diversamente in “Il deserto dei Tartari” (1976) di Zurlini e la saga “Star Wars”.
Impero, un concetto che ormai sembra vetusto e appartenente a un’epoca remota è invece al centro dell’analisi di queste due pellicole che, come vedremo, forniscono due chiavi di lettura completamente differenti ed escludenti.
Ci si potrebbe chiedere che relazione intercorra tra l’impero e l’opera di Buzzati che ha ispirato l’omonimo film.
Nel libro, come nel film, si parla di un esercito imperiale (probabilmente austriaco) che presidia un forte, localizzato nella più remota delle provincie imperiali, nella convinzione che un’orda barbarica (i Tartari) presto o tardi giungerà all’orizzonte, minacciandone i confini.
L’idea di imperium si fa ancora più pregnante nel film, dove le uniformi dei soldati e una bandiera raffigurante l’aquila bicipite indicano, senza ombra di dubbio, che si tratta dell’Impero Austro-Ungarico.
Nel film viene fatta propria una certa visione tradizionale e positiva dell’impero, storicamente manifestatasi nel Sacro Romano Impero o, ancora prima, nell’Impero eurasiatico di Alessandro Magno.
Da tale prospettiva, l’impero non è semplicemente una forma di governo o un’entità politica territoriale ma la rappresentazione microcosmica del cosmo stesso.
Esso viene concepito come un progetto che trascende le visioni e gli interessi individuali, per costituire un ordine temporale che però cerchi sempre di rispecchiare la forma infinita da cui proviene (si veda il ruolo della figura o forma ne l’ ”Operaio” di Ernst Junger).
In questo senso, ogni impero ha una sua escatologia, ha un suo forte Bastiani che protegga il mondo dall’assalto finale delle forze ctonie, ha un suo Giovanni Battista Drogo (nel film Jacques Perrin) che si offre in sacrificio per il mantenimento di un ordine sopraindividuale.
Come afferma il colonnello Filimore, impersonato da Gassman, “è un avvenimento che La supera, che si pone ben oltre ciò che Lei è, ben oltre ciò che Lei potrà mai essere”. La funzione dell’impero è precipuamente quella di agire come potere Katechonico2 (dal greco Katechon), cioè di arginare, frenare l’avanzata di quelle forze infere, rappresentate dalle mitiche barbare popolazioni di Gog e Magog durante il periodo alessandrino, dalle forze dell’Anti-Cristo nel periodo cristiano e dai Tartari nell’opera di Zurlini e Buzzati3.
Per tale motivo si parla della fortezza Bastiani come un “avamposto morto, una frontiera che si affaccia sul Niente. Al di là della fortezza c’è un deserto e dopo il Nulla, il deserto dei Tartari”.
La regia di Zurlini rende estremamente bene il Nulla, che regna al di là della cinta di mura, attraverso una messa in scena che riprende con lunghe inquadrature desolati spazi sconfinati, le lande deserte, l’orizzonte imperscrutabile e costantemente minaccioso, e che minimizza il ruolo della musica in molte sequenze al fine di restituire allo spettatore la solitudine del Niente.
In questo deserto, resta un manipolo di soldati, che sembrano quasi appartenere a un ordine militare decaduto che ha come unico scopo quello di difendere i confini dell’impero a costo della vita, compiendo il sacrificio supremo (come non ricordare Oswald Spengler “alla fine è sempre un manipolo di soldati a salvare la civiltà”).
Tuttavia, il finale è positivo, il sacrificio non è stato vano, l’attesa del tenente Drogo viene infatti valorizzata nel finale, in cui morente riceve la notizia che i tartari sono comparsi all’orizzonte e si apprestano ad assediare il forte.
Di tutt’altro segno è la rappresentazione che dell’imperium viene data nella saga di Star Wars.
Infatti nei film concepiti da George Lucas nella fase ormai matura della New Hollywood, la connotazione imperiale è assolutamente negativa.
In Guerre Stellari questo è reso possibile e palese dalla struttura dicotomica esemplificata dalla contrapposizione della Repubblica e l’Impero, due forme di governo incompatibili tra loro e perennemente in guerra.
Ci rendiamo conto che il centro dell’attenzione verte sul significato politico più che teologico-politico che invece era stato il punto di forza del deserto dei tartari. Infatti esiste una forte analogia tra l’impero fondato da Palpatine e il Terzo Reich nazista, che non è bilanciata da riflessioni approfondite sulla metafisica del concetto di impero, probabilmente perché è un film che si situa ideologicamente nella modernità e supera positivisticamente l’era teologica, nonostante i ripetuti accenni mitologici della narrazione e una messa in scena dai colori ancestrali.
L’analogia con il nazismo è fornita da innumerevoli segnali: la scenografia delle parate, le divise di alcuni reparti dell’aviazione stellare, il nome di “Resistenza” data ai gruppi ribelli fedeli alla Repubblica, la proliferazione di “ordini” chiusi che richiamano quelli cavallereschi cui si ispirò il nazismo nella costituzione delle Waffen SS e nella concezione delle proprie forze armate, tanto da poter parlare di un pluralismo di poteri nazista più che di un potere realmente centralizzato.
Un’altra caratteristica fondamentale è l’aggressività dell’impero4; esso è espansionista e guerrafondaio per natura – non esita a disintegrare pianeti sotto il fuoco delle artiglierie e delle tecnologie stellari – cui fa da contraltare la natura benigna e pacifica della Repubblica, che può peccare di inefficienza, ma che rimane fondata sulla deliberazione.
Se il Terzo Reich si nasconde sotto le pieghe dell’Impero, non è difficile scorgere gli Stati Uniti d’America e i suoi valori sotto le spoglie della Repubblica.
Note:
1 Gilles Deleuze, L’immagine movimento e l’immagine-Tempo, Einaudi, 2016.
2 Cacciari M. Il Potere che Frena, Adelphi, Milano, 2013.
3 Prati Giacomo Maria, Il Deserto dei Tartari. L’ufficiale Drogo e la fine del mondo, Wall Street International Magazine. https://wsimag.com/it/cultura/56248-il-deserto-dei-tartari
4 Si rimanda all’opera di Mazower L’impero di Hitler. Come i nazisti governavano l’Europa occupata per approfondire il carattere predatorio e aggressivo del Nazismo in Europa.