Minneapolis, 25 Maggio 2020

Un battere di mani scandisce il canto sacrale di un giovane ragazzo britannico di origini ugandesi. Il suo nome è Micheal Kiwanuka e da circa 10 anni pubblica dischi a suo nome, tentando di alimentare il fuoco sacro del soul, unendo ai dogmi del genere una freschezza ed una vitalità non comuni. E spesso riesce nel suo intento: i suoi dischi contengono evidenti richiami al passato, ma sanno essere anche sferzanti ed audaci.

Tra i suoi lavori, Love and Hate, pubblicato nel 2016, è un affresco di emozioni e di raffinate melodie. La sua voce, tipicamente black, è calda ma al contempo tagliente, le stesse canzoni che compongono l’album alternano lunghe ballate dai sapori celestiali (Cold little heart ) a brani dai ritmi incalzanti.

Tra queste, ce n’è una che potrebbe rappresentare il manifesto delle sanguinose proteste scoppiate a Minneapolis in seguito all’uccisione, per mano di un agente di polizia bianco, di un uomo di colore tratto in arresto. Il titolo del brano è eloquente. I’m a man black in a white world.

Non ha il suono del canto di protesta, è più simile ad un canto gospel, sembra quasi una preghiera in musica. Ma il suo testo, tristemente, non lascia dubbi su quale sia il suo intento. Su un tappeto ritmico scandito da un semplice battere di mani, si erge la voce di protesta, prestata da Kiwanuka a milioni di afroamericani (e non solo) che ancora oggi soffrono gli effetti dell’autoproclamata superiorità bianca.
Ma in questo canto, non c’è spazio per la rabbia o l’odio. C’è spazio solo per la rassegnazione, la consapevole disillusione di sentirsi un estraneo in un mondo retto da altri:

Sono stato giù, sono stato su
Mi sono state dette tutte le mie bugie
Non ho più niente per cui pregare
Non ho più niente da dire
Sono un uomo nero in un mondo bianco

Il tono è mesto, la speranza è svanita. Non sono bastati decenni di battaglie a scalfire il pregiudizio. Questo annichilisce anche i sentimenti più profondi, quelli che dovrebbero colorare le vite di ogni uomo, rende tutto inutile e drammaticamente inerte:

Sono innamorato ma sono ancora triste
Ho trovato la pace ma non sono contento
Tutte le mie notti e tutti i miei giorni
Ci ho provato nel modo sbagliato
Sono un uomo nero in un mondo bianco

Il brano si chiude con una amarissima osservazione.
Nulla pare in fondo cambiato dagli anni del movimento egualitario. “Ho l’impressione di essere già stato qui, sento quei colpi alla mia porta”. Dove sia quel “qui” di cui parla non è poi così difficile da indovinare. Deve trattarsi di Minneapolis, Stato del Minnesota, Stati Uniti d’America, nell’infausto giorno 25 Maggio 2020.