
Primavera 2020, Lockdown.
Ci ritroviamo a dover modificare radicalmente stili di vita e abitudini.
Chiusi nel proprio domicilio si (ri)comincia a leggere,scrivere,ascoltare musica, guardare film e serie tv e quindi, essendo cambiate le modalità di fare esperienza attraverso la socialità, emerge forte l’esigenza di cercare nuovi contenuti. La voglia di novità e di cultura è stata sempre presente nella nostra vita quotidiana, solo che si è manifestata sotto forma di necessità. Infatti, dall’età adolescenziale fin nell’età adulta siamo alla ricerca di stimoli sempre più lontani dagli input provenienti da famiglia e scuola.
A partire da questa fascia di età le forme d’arte e i contenuti veicolati con esse assumono un ruolo predominante accostabile all’importanza del gruppo dei pari. Stiamo parlando di un apprendimento trasversale, istintivo, cerebrale , sinestetico, emotivo e profondo. Se considerassimo queste percentuali, dall’età adolescenziale in avanti, ( 35% cultura, 35% gruppo dei pari, 15% scuola, 15% famiglia) quali potrebbero risultare realistiche?
Idee nuove, stili di vita, prospettive di futuro e contenuti di vario genere possono essere assimilati in forma non convenzionale/istituzionale.
Mettersi la mano davanti agli occhi e negare la forza comunicativa di questi canali vuol dire non avere i mezzi per comprendere la contemporaneità. La scelta di utilizzare Netflix nel titolo è volutamente provocatoria con il fine di sollecitare il lettore ad alcune riflessioni.
Domande cardine sono : qual è nella pratica il peso effettivo della cultura “non istituzionale”? Quanto siamo influenzati dalla cultura “pop”? Nella nostra personalissima scala di valori su quale gradino poniamo la possibilità di fruire di contenuti nelle forme dell’arte?
I puristi dell’arte alla lettura storceranno il naso, i didatti istituzionali idem ma è pur vero che ciò che sarà la cultura popolare/main nel prossimo futuro non è quella legata a nicchie di “aristocrazia culturale” ma ciò che adesso vive e si muove effettivamente nei discorsi e nell’immaginario dei gruppi sociali.
Si può scegliere di mettere in discussione la propria posizione ed evolversi, oppure creare barriere ed arrocchi dove intrattenimento e cultura nelle forme dell’arte non vengono considerate come meritano, orpelli ininfluenti nella realtà del futuro, ma non è così.
I valori propri delle generazioni Yuppi, Millenials e Millenials Z sono incarnati unicamente nei mezzi di comunicazione contemporanei e non vi è traccia di essi nella cultura “classica” pre 2000. Ciò che la segregazione pandemica ha messo in luce deve essere valorizzato e tenuto in considerazione per il ruolo che svolge, sia da parte delle istituzioni, sia come presa di coscienza da parte dei singoli.
Per concludere, la cultura 3.0 deve essere cosciente dei propri mezzi di comunicazione e deve saper dare il giusto valore al tumultuoso flusso di proposte, evitando di emarginare o sottovalutare ciò che al momento sembra essere solo mero intrattenimento.