Propositi o non propositi per il 2021? Questo è il dilemma!

Mentre ci accingiamo a cambiare calendario e ad abituarci a scrivere una nuova cifra sulle date, sorrido amaramente a pensare al meme su Paolo Fox, il noto astrologo, che prevedeva che “(il 2020 sarà) vantaggioso per viaggi e spostamenti, soprattutto tra gennaio e maggio“, diceva quasi un anno fa.
Chi tra noi aveva tra i buoni propositi di viaggiare (e magari aveva già delle gustose destinazioni pensate se non pure programmate) sicuramente sarà rimasto leggermente deluso e pure di stucco.
Non c’è stato anno peggiore del 2020 per sentire il senso di “fallimento” e di impotenza di fronte al poco controllo che abbiamo sulle nostre vite, nei grandi e nei piccoli obiettivi e nella quotidianità stessa. Ma anche, non c’è stato anno migliore del 2020 per renderci conto che conviene stare nel “qui e ora”, e per scoprire, anche nei giorni di negatività, tante piccole cose di cui essere grati – sicuramente uscire liberamente o vedere gli amici ora non è più una cosa scontata (e che bello sentire gratitudine per queste piccole grandi cose!).

Quella dei buoni propositi, in inglese “New Year’s Resolutions” è una tradizione contemporanea occidentale, con una finalità psicologicamente e socialmente positiva: pensare che un cambiamento ritualizzato “esterno” a noi possa essere un terreno fertile per un cambiamento psicologico interiore è sicuramente un assetto mentale confortante, che ci facilita nello sperare nel migliore dei futuri possibili per noi, a breve e medio termine.

Pensare a cambiamenti positivi che ci riguardano già ci fa sentire una sfumatura di soddisfazione, un senso di felicità non presente ma già reale.
Dal punto di vista psicologico succede che stiamo nutrendo il nostro cervello di quei neurotrasmettitori che lo premiano quando riesce in qualcosa di desiderato: un po’ come succede con l’acquolina in bocca, prepariamo il nostro cervello a qualcosa che potrebbe accadere in futuro.
Un meccanismo ottimo per motivarci a progettare e fare cose, e arrivare all’obiettivo, ma anche un’arma a doppio taglio se ciò che desideriamo e di conseguenza immaginiamo poi non arriva: la reazione chimica e psicologica è proporzionale alle emozioni di partenza.
Quindi se non arriviamo a quell’obiettivo tanto immaginato e tanto desiderato la sensazione è di vuoto, tristezza, delusione e rabbia.


Ha senso fare buoni propositi nonostante tutto?


Assolutamente sì. Dipende da come li formuliamo.

Ecco alcuni consigli per usare questa pratica di desideri e sogni in consapevolezza e in vista di aumentare il nostro benessere (e non creare frustrazione e disagio):

1) Coerenza
I buoni propositi devono essere in qualche modo coerenti col momento di vita che stiamo vivendo.
Coerenti non solo con quello che facciamo, ma anche con chi siamo in questa fase: con quello che il nostro corpo è, fa, e chiede; coerenti con la nostra condizione di vita attuale; coerenti con la situazione di partenza.
Sarebbe incoerente promettere a noi stessi di diventare ricchi all’improvviso nel 2021 se non sappiamo nemmeno se ci rinnovano il contratto; come sarebbe incoerente promettersi di leggere almeno 50 libri all’anno se facciamo orari di lavoro impossibili da adeguare a questo desiderio (o, più semplicemente ancora, se siamo abituati a leggerne 3 o 4 all’anno).


2) Realismo
Quindi, i buoni propositi dovrebbero essere realisti: se siamo consapevoli della realtà che stiamo vivendo nel “qui e ora”, siamo anche consapevoli delle nostre forze e delle nostre debolezze.
I buoni propositi devono essere il passo successivo naturale del nostro percorso interiore, non una meta di destinazione lontana all’orizzonte.
I buoni propositi possono e devono essere la tappa successiva del viaggio che già stiamo percorrendo.
Se ci stiamo dirigendo da Torino a Roma, ha davvero senso sperare di arrivare a Dublino?


3) Di base, andiamo già bene così
Per fare dei buoni propositi serve fare un bilancio delle cose che abbiamo raggiunto fino ad ora e su quanto vogliamo di diverso. Quello che abbiamo è già un successo, di qualsiasi cosa si tratti. Anche in una situazione di stallo, o in una negativa, ricordiamoci che abbiamo fatto il meglio che si poteva, con gli strumenti che avevamo a disposizione.
Essere consapevoli della situazione attuale, senza giudizio ma con accettazione e gratitudine, è il terreno ideale per un eventuale cambiamento (anche solo in come ci vediamo e in come ci definiamo con noi stessi).

4) Il buon proposito di arrivare a un buon proposito
Se è difficile definire tra i buoni propositi degli obiettivi veri e propri e/o una situazione di arrivo, può essere d’aiuto piuttosto definire dei nuovi strumenti da acquisire per arrivare (prima o poi, senza fretta) a qualcosa di più grande e di più difficile.
Iscriversi a un corso, imparare una nuova lingua, guardare dei tutorial, leggere un libro o degli approfondimenti su un tema o su quello che ci sembra essere un punto debole.
Conosciamo e impariamo, nutriamoci di stimoli e lasciamoli crescere dentro di noi, senza aspettative e senza fretta
: qualcosa succede sempre e comunque se ci nutriamo di novità in consapevolezza.

5) Sfide con alta probabilità di vittoria
I buoni propositi devono essere pochi, dai 3 ai 7 massimo.
Se pensi di averne già definito di più (o anche se vuoi definirli meglio), fai un gioco: scrivi su un foglio 15 buoni propositi, chiari, coerenti e realistici; dopodichè, scegline solo 7, cancellando gli altri 8. Potrebbe essere difficile sceglierli, ma vedrai che la tua mente farà una scelta sensata. Meglio tenere quelli che davvero sono in linea con il tuo presente e sono comunque già vicini a te: il senso dei buoni propositi è liberare la strada per la prossima tappa e renderci le cose più facili, non il contrario. Una sfida è ottimale se la possiamo giocare e abbiamo anche possibilità di vincerla: altrimenti è solo masochismo.


E se invece non se tipo/tipa da buoni propositi, beh… non preoccuparti. Va bene così.

Godiamoci questo 2021, e auguriamoci l’un l’altro/a che sia brillante e vivo.

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ALESSIA GRAMAI

Writer
Psicologa, (quasi) sessuologa, sarda, femminista.
Polemica, a volte; troppo concentrata su cosa succede nel mondo, spesso; piena di dubbi, sempre.