
Nella copertina (da sinistra a destra): Alex, Tafu, l’autore, Samu ed Elle
Elle Deroy, cantante, scorpione, svampita, indaco, uomini
Alex, chitarrista, capricorno, logorroico, verde, cani
Samuve, bassista, acquario, scazzato, rosso, milf
Tafu, batterista, ariete, moderato, bianco, donne
Così hanno voluto presentarsi i membri della band dei Dionysian, emergente gruppo rock torinese. E bastano queste prime parole a far capire che tipi sono: quattro giovanissimi ragazzi (dalla piccola Elle, con i suoi 18 anni, fino al più “anziano”, il ventitreenne e decisamente eccentrico Samu) che non si vergognano di apparire per quello che sono e che non hanno certo peli sulla lingua. Insomma, gente che ha davvero il rock nel sangue e le palle per mostrarlo.
Li ho sentiti per la prima volta a luglio, mentre suonavano per strada vicino a Piazza CLN a Torino e il mio pensiero è stato: “wow, questi sì che sono tosti”. Non mi ricordo di essere mai stato colpito così tanto da dei musicisti incontrati per le vie del centro. Il loro stile cazzuto, fatto di capelli lunghi, canotte e collane, i loro brani dal suono così hard and heavy (anche se dall’intervista emergerà anche molto di più) e la loro dimestichezza musicale, notevole specie se abbinata ad un’età così verde, mi hanno stregato. Sono andato a cercarli, mentre erano impegnati per la messa a punto degli ultimi dettagli del loro nuovo singolo, Highs ‘n lows, per chiedere loro cosa significasse suonare questo genere musicale a Torino nel 2020, portando con me il mio amico e collega Luca (che mi ha aiutato in maniera preziosa nella stesura di quest’intervista e che quindi ringrazio calorosamente), lui sì un vero appassionato di musica. I ragazzi si sono subito dimostrati cordiali e molto disponibili, per cui, signori e signore, ecco a voi il rock dionisiaco made in Turin, ecco i Dionysian.
Partiamo con le classiche domande di rito. Com’è nata l’idea del gruppo?
ALEX: tutti noi, tranne Elle, venivamo da esperienze pregresse in campo musicale. L’idea del gruppo in sé è nata nel 2018, dalle ceneri di una mia avventura precedente in una band chiamata Accelerator. Dopo che questo gruppo si è sciolto ho voluto creare qualcosa di più personale e ho reclutato Samu, il nostro bassista, che conoscevo già da prima. A quel punto, mi serviva un cantante “con le palle e disponibile almeno tre volte a settimana”, come ho scritto nell’annuncio. E a farsi viva è stata Raffaella (nda: Elle Deroy)
ELLE: anche in realtà penso di essere il contrario di quanto lui richiedesse.
ALEX: l’ultimo tassello è stato Tafu, arrivato dopo nove mesi, per sostituire il nostro precedente batterista con cui non c’era feeling.
Come avete fatto i vostri primi passi?
ALEX: come ho già detto, ci eravamo già mossi, chi più e chi meno, nel mondo della musica. A metterci in moto è stata una grande voglia di scrivere qualcosa di inedito. Come molti, siamo partiti suonando covers di brani di altri gruppi, ma poi abbiamo maturato il desiderio di metterci del nostro e creare un qualcosa che ci rappresentasse. Abbiamo scelto di esprimerci in lingua inglese, nonostante la musica anglofona in Italia sia ancora accolta con scetticismo.
TAFU: il fatto di non comprendere la lingua inoltre può allontanare una potenziale fetta di ascoltatori dal genere musicale che proponiamo. Tuttavia, secondo me non potevamo in realtà fare altrimenti: nessuna lingua come l’inglese si presta alla nostra idea di musica, per via della sua fonetica.
Voi come avete imparato a suonare e a cantare?
SAMU: Allora, io ho cominciato con la chitarra vecchia di mio padre dopo aver ascoltato una canzone degli AC/DC in radio ed essermi innamorato di questa musica. Da lì è stata una trafila di app per imparare a suonare, video tutorial su Youtube, riviste. Poi sono passato dalla chitarra al basso, perché c’era bisogno di un bassista in questo gruppo. E devo dire che lo preferisco di gran lunga. Quindi, riassumendo, posso dire di aver imparato da autodidatta da internet, anche se ho comunque preso qualche lezione privata per migliorarmi. Poi devo aggiungere che i bassisti cuccano molto e ho specialmente molte milf che mi vanno dietro. Anzi colgo l’occasione per salutarle: ciao ragazze! (nda: ammicca)
ALEX: Io invece ho iniziato a otto anni con la batteria, che ho suonato per cinque anni prendendo lezioni in maniera metodica da un’insegnante molto brava. Poi mi sono innamorato della chitarra a cui però mi sono approcciato in maniera un pochino più libera. Solo negli ultimi anni sto curando di più l’aspetto tecnico.
TAFU: Io ho conosciuto la batteria a sei anni, seguendo un corso di un anno in parrocchia, con insegnanti non particolarmente dotati, ma decisamente appassionati. Poi ho fatto un corso più professionale presso un batterista torinese molto bravo, Massimiliano Simini, che è specializzato in jazz e samba; per questo motivo mi porto dietro ancora adesso influenze provenienti da questi generi più latini e riesco a far stare qualche accordo più sudamericano anche in pezzi nostri più heavy. Dopo un periodo di due anni di lontananza dalla batteria e in cui mi sono dedicato alla chitarra fingerstyle, circa sei anni fa sono tornato al mio vecchio strumento senza più cambiare.
ELLE: Io non ho mai fatto corsi di canto, anche se vorrei davvero iniziarne uno. Voglio un insegnante che capisca il mio timbro e che sappia portarmi avanti nel percorso che sto già intraprendendo.
Quali sono lei nomi che vi vengono in mente se pensate alle vostre influenze musicali?
SAMU: per quanto mi riguarda potrei dire Led Zeppelin, Black Crowes e soprattutto Metallica, ma ascolto così tanti artisti che per me è veramente difficile individuare un solo nome.
TAFU: abbiamo davvero tante influenze diverse, dai classici del rock fino anche a Billie Eilish.
ALEX: se dovessi sintetizzare la mia visione, non posso che nominare i Led Zeppelin: loro riescono a unire le due anime, acustica ed elettrica, che, nella nostra dimensione, cerchiamo di proporre anche nella nostra musica. Personalmente amo anche Neil Young.
RAFFAELLA: dal mio punto di vista, non posso prescindere dai Doors, che ascolterei continuamente.
Ecco, parliamo un po’ più nello specifico di questa vostra “bipolarità musicale”, un elemento che ci ha colpito molto: in diverse vostre canzoni, tra cui uno dei vostri singoli più ascoltati “Born to burn”, alternate pezzi squisitamente melodici ed acustici a parti dal suono più violento ed elettrico. Cosa vi attrae di questo vostro lato un pochino più recondito?
ELLE : è stata una nostra scelta precisa.
ALEX: i nostri primi due singoli, usciti nel 2019, uniscono le nostre due anime: quella più elettrica e hard rock in Peace is dead, e quella più morbida, Born to burn. Abbiamo scritto anche altre due canzoni interamente acustiche. Siamo attratti da entrambi i lati.
ELLE: anche perché ognuno di noi porta con sè influenze diverse. L’ecletticità, come ha già detto Alex, è un tratto caratteristico di uno dei nostri gruppi di riferimento, i Led Zeppelin.
Ho una domanda specifica per te, Elle. Ci ha colpito il tuo timbro vocale, sorprendentemente caldo ed avvolgente, oserei dire più soul che metal. Come descriveresti la tua voce?
ELLE: la mia estensione vocale non è particolarmente ampia e si presta alle tonalità medie e basse, che danno corposità e calore alla voce. Le mie influenze, prima di unirmi alla band, provenivano da mondi più pop, forse, che rock: ad esempio, un mio modello vocale è da sempre Cristina Aguilera. D’altronde, devo ammettere che ho fatto sempre fatica a trovare una cantante prettamente rock capace di influenzarmi. Per questo il mio timbro vocale si allontana in parte dai canoni del nostro genere, anche se negli ultimi tempi sto lavorando su suoni un pochino più acuti.
Rendiamo questa intervista più vivace. Quindi ho per voi una domanda provocatoria: che ne pensate delle emittenti dichiaratamente “rock” in radio, come ad esempio Virgin Radio o Radiofreccia?
SAMU: in base alla mia esperienza, ascoltando la radio tutte le mattine, mi ritrovo spesso, dopo un po’ di tempo, a dover spegnere la radio ed ascoltare il mio Spotify, perché inevitabilmente queste frequenze propongono sempre gli stessi artisti, risultando monotone alla fine.
ALEX: ciò che non mi convince delle radio rock italiane è il piattume totale nella scelta sia degli artisti che, soprattutto del sound. Faccio un confronto con le radio statunitensi, che ho avuto modo di sentire: le loro proposte musicali sono più variegate e settoriali, in contrasto con il grigiore nostrano. Inoltre inevitabilmente, su alcune emittenti del nostro Paese incidono i rapporti, per non dire i conflitti d’interesse, con le case discografiche.
TAFU: anche io, dopo dieci minuti, mi trovo a dover riprodurre la mia musica, spegnendo la radio.
ELLE: il mio rapporto con la radio è ancora meno stretto, perché io ascolto sempre musica su Spotify e YouTube. Sono una vera e propria drogata di video.
Passiamo al locale. Siete soddisfatti delle possibilità che offre il panorama rock torinese?
ALEX: il nostro obiettivo è trasferirci all’estero, negli Stati Uniti, per provare a diventare musicisti, inteso come musicisti per professione. Questa possibilità a Torino, ma più in generale in Italia, non c’è. La musica non viene percepita come un lavoro a tutti gli effetti. Motivo per cui è difficile, se non impossibile, trovare locali disposti a pagare per un’esibizione di un gruppo. Nel nostro caso, le difficoltà sono acuite dal fatto che noi proponiamo musica inedita in lingua inglese, mentre i locali cercano e richiedono prevalentemente tribute-bands. La politica delle tribute-bands è assolutamente criticabile e censurabile, personalmente non ho problemi a dire che detesto questa tipologia di gruppi. C’è bisogno di locali che vogliano proporre musica nuova e di un pubblico interessato ad ascoltare musica nuova. Il rock sta morendo perché non c’è voglia di scoprire musica nuova, di scoprire cosa vogliono dire gruppi giovani ed emergenti come il nostro. A livello nazionale, la tendenza è evidente se si pensa che le radio rock italiane non propongono quasi mai gruppi emergenti, ma sono sempre lì a far sentire i Queen. Per carità, immortali, ma c’è stato anche altro di interessante venuto dopo.
SAMU: nel panorama torinese, la scarsa considerazione di cui la musica gode è evidente se si pensa che un locale, di ampie dimensioni e dalla storia importante, come il vecchio Mazda-Palace sia attualmente dismesso e abbandonato.
ALEX-ELLE: a Torino stanno organizzando concerti al PalaAlpitour, ma sono tutti rivolti a tribute-bands. Stiamo considerando l’idea di proporre la nostra musica, ma siamo scettici sulla possibilità di essere valorizzati in quel contesto. Ultimamente, ci è stato chiesto di aprire il concerto ad una di loro, anziché organizzare una serata nostra, perché proporre una band giovane che propone inediti è considerato un “rischio” per gli organizzatori. Tutto questo è davvero avvilente.
E’ idea comune che questo non sia il periodo del rock, che gli anni d’oro siano finiti. Credete che ci sia futuro per questa musica o che, ormai, i gusti del pubblico siano prevalentemente e definitivamente rivolti alla trap o rap?
ALEX: in linea di massima, è evidente che il rock non richiami più lo stesso interesse che poteva suscitare negli scorsi decenni. Però, non è tramontata l’idea di qualcosa suonato da musicisti in carne e ossa. La stessa Billie Eilish, il cui genere è assolutamente distante dal nostro, è in realtà una vera musicista. Questa è la speranza che abbiamo per il futuro. Anche se il rock non è forse più la musica dominante, al momento ci sono comunque musicisti che imbracciano uno strumento e propongono musica vera, reale, suonata.
E poi penso che il discorso riguardi più il pubblico italiano, che quello straniero, o la categoria musicale in sé.
TAFU: in Italia il pubblico è troppo rivolto ed attratto dalla musica commerciale, che viene quotidianamente propinata dalle radio italiane. Il pubblico italiano non è “educato” ad ascoltare musica nuova e fresca, diversa dal mainstream proposto. Una parte di colpa va però attribuita anche ai veterani del rock, che non si muovono nella direzione della musica giovane e sono poco aperti alle nuove proposte, eclissandosi nella loro fama e nel culto sacrale e nostalgico dei grandi nomi del passato.
ALEX: nel nostro caso specifico, come accennava Tafu prima, il fatto che noi proponiamo musica in lingua straniera può portare ad un’incomprensione da parte del pubblico italiano. Spesso la nostra musica viene apprezzata dal punto di vista squisitamente strumentale, ma non compresa e capita nel suo testo per via di questo ostacolo linguistico che si viene a creare tra noi ed il pubblico. Le nostre canzoni parlano anche di storie personali ed intime, che vorremmo fossero conosciute da chi ci ascolta.
Vi sentite in qualche modo“discriminati” per il genere che proponete?
ELLE: direi di si perché, inevitabilmente, la musica pop attrae e richiama un pubblico maggiore.
ALEX: non mi sento discriminato tanto per il genere che offriamo, quanto piuttosto per il fatto di doverci confrontare con tribute-bands, che vengono sempre preferite rispetto a chi porta nuove proposte. Inoltre, i nostri coetanei sono attratti da generi quali trap ed elettronica, che noi rispettiamo perché propongono musica propria, ma che allo stesso tempo inevitabilmente allontanano una parte di uditorio dalle nostre esibizioni.
E invece, passando al personale, vi siete mai sentiti trattati diversamente per via del vostro aspetto classico da rockettari (capelli lunghi, canotte, anfibi, ecc)?
SAMU: quando giriamo in centro a Torino tutti si girano a guardarci, manco venissimo da un altro pianeta. Lì sono abituati ai capelli corti e curati e ai risvoltini, per cui siamo lontani dal loro immaginario comune. Magari fanno anche qualche battutina, e talvolta rispondo anche, ma in genere non me ne frega niente.
ALEX: io ho frequentato il Liceo Artistico e la prima osservazione che mi hanno fatto i docenti, il primo giorno di scuola, è stata: “ma non hai i capelli troppo lunghi per un ragazzo?”. Per sei anni hanno continuato così. Invece, quando ero alle medie, erano i coetanei a non darmi pace, mentre gli insegnanti se ne stavano buoni. Però io sono fatto così, anche prima di suonare la chitarra avevo i capelli lunghi; se vogliamo, sono anche portato geneticamente a tollerare queste battutine, provenendo da un Paese dove gli uomini portano la gonna (nda: Alex è per metà scozzese).
TAFU: io ho avuto un rapporto più facile con la società riguardo al mio aspetto, non ho mai avuto problemi particolari. Se anche qualcuno mi ha fatto del sarcasmo, o non l’ho notato o inavvertitamente l’ho messo sotto con la macchina.
Vi faccio una domanda un pochino più tecnica: social network. Che ne pensate? Li usate o siete più old school e li trascurate?
ALEX: noi li sfruttiamo e anzi pensiamo che oggi giorno siano indispensabili. Faccio un esempio per far capire la portata che può avere anche una semplice banalità, se diventa virale: la nostra cantante dopo un suo video su Tik Tok è stata notata dallo staff di un programma televisivo.
ELLE: sì, ero stata contattata da agenti di All Together Now (nda: talent show musicale di Mediaset del 2019) per fare un provino, per cui non avevo neanche la certezza che sarei stata scelta, cosa che infatti non è avvenuta. Però fa riflettere che per un normale video come tanti sono quasi andata in tv, mentre ci sono musicisti molto bravi, anche più di me o di altri che sono finiti lì, che si sbattono a suonare in giro dalla mattina alla sera per i locali delle città senza essere notati, solo perché suonare in live è un’altra cosa dal farlo in televisione. Questo secondo me è ingiusto. Io sono però un po’ di parte, perché penso che i social abbiano rovinato tanti aspetti della vita.
SAMU: secondo me invece sono strumenti veramente molto potenti e lo dimostra il fatto che tu stesso ci abbia trovato attraverso di loro: è vero, ci hai prima sentiti suonare dal vivo e ti sei interessato prendendo il volantino, ma è stato grazie a Facebook che sei riuscito a contattarci in maniera rapida ed efficiente. Forse hanno guastato almeno un briciolo ciò che c’era prima, ma è un discorso differente.
ALEX: il mondo è andato semplicemente avanti. Allo stesso modo molti che hanno vissuto negli anni ‘50 magari non hanno visto di buon occhio la diffusione della televisione, ma questo non toglie che non potremmo pensare ora un mondo senza la tv. I social, se usati intelligentemente, hanno un impatto nella pubblicità e nel coinvolgere le persone senza paragoni nella storia. Di più: possono essere anche uno strumento per permettere a giovani musicisti di emergere, senza per forza dover andare alla ricerca di contratti con le case discografiche, come avveniva decenni fa. È il caso ad esempio di Billie Eilish.
SAMU: o di Justin Bieber, che è diventato quello che è ora anche grazie ai social. Tornando a noi Dionysian, penso che dovremmo sfruttare meglio i social media. Nessuno di noi è sempre attaccato al telefono e questo un certo peso lo ha. Non a caso pensavamo di assumere un social media manager che si dedichi alla gestione di quest’aspetto in maniera professionale.
ALEX: se la gente può ascoltare comodamente i nostri singoli su Spotify o Youtube è grazie a questi nuovi mezzi. Se avessimo suonato venti anni fa, per farti ascoltare qualche nostro pezzo dovevamo portarti un nostro CD o esibirci direttamente davanti a te. Tutto fattibile certo, ma molto più scomodo.
Chiudiamo in bellezza, con la più classica delle domande. Come vi vedete fra cinque anni?
SAMU: Io sarò ancora assunto alle Poste Italiane, ma magari sarò riuscito a diventare impiegato e potrò quindi lavorare otto ore al giorno per guadagnare 1000 € al mese (nda: ride)
TAFU: Facendo i seri, ovviamente si spera di essere a spasso per il mondo, magari nel nostro studio di Los Angeles a scrivere un nuovo pezzo. Secondo me, ce la faremo.
ALEX: Speriamo innanzitutto che passi l’emergenza legata al Coronavirus, perché rende la nostra vita precaria. Avevamo deciso e stabilito che in autunno saremmo partiti per gli Stati Uniti, per continuare lì la nostra carriera, ma per via del COVID è saltato tutto e speriamo che questo passo sia stato solo rinviato alla prossima primavera. Se tutto va bene, vorrei che fra cinque anni fossimo in grado di mantenerci economicamente lavorando come musicisti, magari con un paio di album alle spalle.
ELLE: Io immagino lo stesso futuro ipotizzato dagli altri. Vorrei che per allora qualche nostro brano girasse già nella scena musicale statunitense.
ALEX: Più che l’aspetto geografico, io vorrei che fra cinque anni fossimo in grado di raggiungere un pubblico molto più vasto rispetto a quanto siamo in grado di fare ora. Questo discorso vale specialmente per il mondo della musica in Italia: fosse per me rimarrei a vivere qui, perché Torino è molto più bella di Los Angeles, che è un vero cesso al confronto, ma dal punto di vista delle possibilità offerte non c’è proprio paragone. Spero che fra qualche anno i musicisti italiani non siano più costretti ad emigrare fuori dall’Italia alla ricerca di una prospettiva di carriera nella musica, ma anzi vorrei che la mentalità collettiva italiana fosse un po’ meno chiusa e che anche nuove band giovani avessero l’opportunità di farsi notare più facilmente.

EDOARDO ANDREA CANCEDDA
Writerassolutamente non richieste su tematiche più grandi di lui, sentenziando in moda barocco su politica e società.
Alla perenne ricerca di una propria identità partitica, è fermamente convinto che la vita non sia altro
che una partita a scacchi contro il tempo.
con la collaborazione di:

LUCA OSTENGO
WriterConvintamente edonista, identifica il piacere nella melodia di una canzone o nell'ironia di una battuta.
Quando non si dedica all'altare della Musica, esercita il culto calcistico della maglia bianconera.