Eroina

Oppioidi.
Un termine che si fece strada nel linguaggio comune intorno al 1950.
Una parola composta.
“Oppio”, e qui fila tutto liscio, e il suffisso “idi”, cioè somigliante.

Oppioidi.
Sostanze presenti in natura o create artificialmente, con effetti biochimici simili a quelli del principio attivo del papavero da oppio, la morfina.

Questo principio attivo, il primo ad essere estratto da una fonte vegetale, ricorre in medicina per il trattamento del dolore acuto e cronico e, se da un lato, agisce assai rapidamente, dall’altro sviluppa presto in chi ne fa uso una certa assuefazione.

Ed è esattamente per far fronte a questo problema che arriviamo a parlare della protagonista annunciata di questa puntata.
L’eroina.
Ancora un oppioide. Una droga, la cui assunzione sappiamo tutti bene può portare a conseguenze drammatiche, se non fatali.
Ma non è sempre stato questo il pensiero comune.

Nonostante sia stata la Germania a dare il via alla commercializzazione dell’eroina, questa fu propriamente scoperta dagli inglesi. Più precisamente dal chimico C. R. Alder Wright.
Già da secoli si conoscevano gli effetti dell’oppio ed i suoi possibili impieghi in medicina, ma fu soltanto nella seconda metà del 1800 che i chimici acquisirono sufficienti conoscenze per intervenire sul maggior componente chimico del papavero, la suddetta morfina.

Nel 1874, Alder Wright decise di bollire quest’ultima insieme ad una molecola reattiva chiamata anidride acetica.
Un esperimento fine a se stesso.
Il risultato fu una versione ancora più forte della morfina (l’eroina, appunto, anche se nessuno gli avrebbe ancora dato un nome) che i collaboratori di Alder testarono solo sugli animali.
Non ci furono ulteriori sviluppi.
Gli stessi chimici, al tempo, erano più interessati alla struttura di un nuovo composto, piuttosto che ai suoi effetti.

Lo studio anatomico di ogni nuovo risultato di reazione era ancora in alto mare.
Vi era modo di contare quanti atomi di idrogeno, carbonio ed ossigeno ci fossero nella morfina e in tutti i suoi derivati.
Solo che non si sapeva come connetterli.
Nello stesso report di Wright sull’eroina non compare alcuna struttura chimica, cosa inimmaginabile per i chimici di oggi.

Ma ritorniamo sui nostri passi.

L’inglese Alder scoprì per caso l’eroina e il tedesco Felix Hoffman, stavolta non per caso, la sintetizzò.

Il 21 Agosto 1897, solo pochi giorni dopo aver scoperto l’aspririna, Hoffman diede un nome alla nuova sostanza ottenibile dall’acetilazione della morfina.
E il termine “eroina” non venne scelto a caso.
Se ne dovevano celebrare le gesta: il potere di lenire senza assuefare.

Gli effetti parevano miracolosi nella cura di varie patologie.
Ma non è oro tutto quel che luccica.

Se, infatti, l’eroina sembrava ridurre l’affanno respiratorio nella tubercolosi, questo non era altro che il sintomo della sedazione del centro del respiro (fattore che in caso di overdose può portare alla morte).

Sta di fatto che, da quando venne commercializzata nel 1899, l’eroina ingrassò i portafogli di parecchie aziende farmaceutiche in tutto il mondo.
Una su tutte, la Bayer, per la quale il caro Hoffman lavorava.

Inutile dire che in pochissimi anni, milioni di persone diventarono dipendenti dalla nuova sostanza, comprandola tranquillamente dalla farmacia di fiducia.
Nel 1905 il consumo nella sola New York fu di due tonnellate, mentre in Cina l’eroina sostituì l’oppio da fumare in compresse.

Non che la scienza medica, nel frattempo, non si fosse accorta degli effetti assai negativi che poteva avere l’eroina, ma fu soltanto intorno al 1925 che la vendita della sostanza venne resa illegale.
Ben trent’anni dopo la messa sul mercato.
Trent’anni nei quali, parallelamente, fu anche il mercato nero ad arricchirsi, iniziando a mietere vittime per non fermarsi più.

 

FEDERICA ZORZELLA

Writer
Laureata in Beni Culturali, anima vintage e mente moderna.
Grande lettrice, consumatrice seriale di film, appassionata di storia e crime.