Killer routine

Stiamo tornando alle origini.
I prodotti per prendersi cura del proprio corpo impiegano sempre di più sostanze naturali, anche grazie alla sempre maggiore attenzione rivolta al rispetto per l’ambiente.
Proprio quelle origini, però, non furono esenti dall’utilizzo della chimica.
Una chimica che in molti casi si rivelò assai dannosa, se non mortale.

Il trucco era già fondamentale nell’Antico Egitto, non solo per motivi estetici, ma anche per proteggere la pelle dal sole e dalla terra.
Tutti sapremmo riconoscere oggi il caratteristico occhio allungato tipico delle rappresentazioni Egizie. Per realizzarlo ed ottenere un’apertura della palpebra verso l’esterno si usava un impasto chiamato Kohl o Mirwed.
Dietro questi nomi un mix di elementi diversi: carbonato di rame, galena (ovvero solfuro di piombo), acqua, resine e grassi.

E anche i Romani non furono da meno nell’impiego di metalli pesanti.
Per rendere la pelle bianca, sinonimo di nobiltà, iniziarono a trattarla col bianco di piombo, la biacca, un pigmento pittorico inorganico costituito da carbonato basico di piombo appunto.

Tenete a mente la biacca perché ne riparleremo più avanti.

Ritratto di Saffo rinvenuto a Pompei

Nel Medioevo i canoni della bellezza cambiarono: capelli chiari, viso tondo, occhi grandi, bocca piccola.
E come raggiungere la perfezione se non torturandosi?
Per ottenere una fronte ampia si usava bruciare i bulbi piliferi con calce viva e arsenico (sì proprio lui), mentre per dilatare le pupille si ingeriva.
Effetti collaterali? Allucinazioni, intossicazione, morte.

E l’inseguimento della perfezione irraggiungibile si spinse oltre nel periodo Barocco, con il principio di un ossessione ancora attuale: la paura di invecchiare.
Si diffusero le antenate delle popolari maschere anti-age, composte, però, di sublimato di mercurio che sì faceva il suo lavoro, ma provocando anche l’annerimento dei denti oltre che donare a chi lo utilizzava un tocco grottesco.
Le labbra erano ardenti … letteralmente.
Per donar loro un colore rossastro veniva impiegato un mix di allume, cocciniglia e gomma arabica che finiva per bruciarle.

Il voler e dover avere una pelle chiarissima si enfatizzarono ulteriormente durante l’800.
Già nell’ambito della moda alcuni elementi costringevano soprattutto le donne ad una sofferenza non da poco: corsetti soffocanti pur di sfoggiare una vita strettissima e parrucche perlopiù importabili.
Per evitare di farsi baciare dal sole diventò inevitabile portare con sé cappellini, parasole e ombrelli.
L’effetto bianco pallido si otteneva grazie al predecessore del fard, la polvere di zinco e al disegno sul volto delle venature blu tipiche della pelle.
Sembrare cagionevoli era sinonimo di bellezza ed elevata posizione sociale.

Abbiamo capito, quindi, che i prodotti chimici andavano ormai da tempo a braccetto con la cosmetica. Poco importavano le conseguenze (le quali, il più delle volte, erano difficilmente riconducibili alla vera causa).
Novità della rivoluzione industriale fu la possibilità per i prodotti finalizzati alla cura del corpo di essere venduti su più ampia scala, grazie all’invenzione della produzione in serie.
Vediamone alcuni esempi.

Dr. Ch Berry Freckle Ointment: un unguento per l’eliminazione delle lentiggini, composto per il 10-15% da mercurio.

Lord’s Bloom of Youth: crema anti age, contenente acetato di piombo e carbonato, sostanze che potevano portare anche alla paralisi.

Lash Lure: un mascara a base di catrame di carbone, i cui effetti collaterali erano cecità e perfino la morte nei casi più gravi.

E’ chiaro che, indipendentemente dal periodo storico, i cosmetici dei quali abbiamo parlato erano destinati in primis ad un pubblico femminile.
Tra i nomi di donne che ne fecero uso e abuso, ne ritroviamo anche di celebri.
Maria Antonietta in fissa con la cocciniglia per sfoggiare labbra rossissime, Amelia Earhart e i suoi flaconi di Dr. Ch Berry Freckle e addirittura la regina Elisabetta I.

Quest’ultima, in particolare, pare facesse uso spropositato di biacca.
Esatto, proprio il bianco di piombo del quale abbiamo parlato in precedenza.
Pare che Elisabetta I, detta anche la “Regia Vergine”, abbia iniziato ad adoperare il prodotto per coprire le cicatrici lasciatele dal vaiolo.
Peccato, però, che anche il piombo deteriori gravemente la pelle.
Il risultato fu un’applicazione continua di polvere su polvere, una maschera vivente.

E nonostante i ritratti pervenuti fino a noi della sovrana inglese possano essere esagerati nei tratti (pare infatti che ci sia stato l’intervento di alcuni detrattori), un fondo di verità c’è.
Un volto pallidissimo, una parrucca rossa per mascherare la caduta di capelli dovuta al piombo e denti cariati per l’abuso di un alimento di nuova importazione, lo zucchero.
Alla luce di tutto questo, si spiegano anche i deliri in preda ai quali morì Elisabetta, effetto collaterale di una micidiale trattamento di bellezza.

FEDERICA ZORZELLA

Writer
Laureata in Beni Culturali, anima vintage e mente moderna.
Grande lettrice, consumatrice seriale di film, appassionata di storia e crime.