
La discriminazione in "bianco e nero"
La storia si ripete.
Le proteste degli ultimi mesi, del Black Lives Matter, riecheggiano nella nostra memoria, ed osservando questa fotografia mi domando quando tutto questo finirà, quando le donne come Elizabeth Eckford saranno libere da pregiudizi e discriminazioni.
Sono passati 63 anni, da quel lontano 4 settembre del 1957, che segnò per sempre la carriera di Will Counts, un giovane fotoreporter americano 26enne, che decise di puntare il suo obiettivo su uno degli eventi che sconvolse la capitale dell’Arkansas, raccontando all’intera nazione (e successivamente al mondo intero) le conseguenze della desegregazione nel liceo pubblico Little Rock Center High School.
Erano appena trascorsi 3 anni da quando la Corte Suprema aveva dichiarato incostituzionali le leggi di segregazione nelle scuole con il caso storico Brown vs. Board of Education, prima di allora nessun bambino o ragazzo nero aveva il diritto di sedersi nella stessa aula di un “privilegiato” bianco.
Quella fu la prima vittoria dopo troppi anni di soprusi, ma i festeggiamenti non durarono molto, e questa foto lo dimostra.
Dopo la sentenza, infatti, la National Association for the Advancement of Colored People decise di trasformare le parole in fatti: fu così che furono selezionati alcuni studenti di colore, tra i più promettenti, scolasticamente parlando, per integrarli per la prima volta nelle scuole dei bianchi nel sud degli USA, dove il problema del razzismo era maggiormente radicato.
Anche la Little Rock Center High School si adeguò alla “riforma”: i prescelti furono 9 studenti afroamericani, 6 ragazze e 3 ragazzi, che rimangono alla storia come i “Little Rock Nine”.
Questi i loro nomi: Ernest Green, Terrence Roberts, Minnijean Brown, Melba Patillo, Jefferson Thomas, Gloria Ray, Carlotta Walls ed infine lei, la protagonista di questa storica fotografia: Elizabeth Eckford. Solo uno di questi 9 è riuscito a diplomarsi alla Little Rock Central High.
Sarebbe stato il primo giorno di scuola per lei, che voleva diventare un avvocato.
In un’intervista ricorda che il suo unico pensiero, nei giorni precedenti, era se il suo vestito bianco (nella foto) sarebbe stato pronto in tempo.
Questa era la sua unica preoccupazione, lei che, quando il gran giorno arrivò, indossati gli occhiali neri e i libri di scuola in mano era pronta a far sentire la sua voce, a combattere le ingiustizie razziali con la cultura.
Ma i suoi sogni andarono a sbattere contro la cruda realtà: arrivata di fronte alla scuola una gran folla la aspettava; sembrava quasi che l’intera capitale dell’Arkansans non volesse saperne niente di una remota possibilità che bianchi e neri potessero convivere civilmente tra i banchi di scuola.
Pur impaurita, camminò a testa alta fino all’entrata presenziata però dalle truppe dell’Arkansas National Guard, richieste dal governatore “democratico” dello Stato, Orval Faubus, per impedire l’accesso dei 9 ragazzi al liceo.
Elizabeth Eckford“Quando sono riuscita a calmarmi, ho camminato fino alla guardia che aveva lasciato entrare gli studenti bianchi. Non si muoveva. Quando ho cercato di spingerlo, ha alzato la sua baionetta e poi le altre guardie si sono spostate e hanno fatto altrettanto. Mi hanno guardato con uno sguardo meschino ed ero molto spaventata e non sapevo cosa fare. Mi sono girata e la folla veniva verso di me. Si avvicinavano sempre più.”
Questo racconta, con parole sue, che senza esitare un secondo in più, si incamminò alla stazione del bus per tornare a casa. Ferma sulla banchina, pianse, tenendo sempre i suoi occhiali neri.
“È rimasta così dignitosa, così determinata in quello che stava facendo”
Con queste parole Will Counts la descrisse, dopo aver immortalato il momento.
Lasciò alle spalle la scuola, ma non senza subire gli insulti della folla concitata attorno a lei.
“Linciatela!”
“Vai a casa”
“Torna in Africa!”
“2, 4, 6, 8! Non vogliamo integrarci!”
Queste furono alcune delle offese che dovette sentirsi rivolgere e che potrebbero essere state pronunciate anche da Hazel Bryan, la donna raffigurata al centro della foto, cui Elizabeth dà le spalle.
Anche per lei era il suo primo giorno di scuola al liceo di Little Rock, anche lei 15enne. L’unica differenza? Era bianca, nata in un città in cui l’odio verso il diverso regnava, in cui la segregazione era l’unica soluzione per poter convivere.
Will Counts colse il momento perfetto: il suo volto inorridito, pieno di rabbia; si riescono quasi a percepire gli insulti e l’umiliazione a cui Elizabeth andò incontro.
“Urla isteriche”, usò il New York Times per descrivere quella ragazza che ben presto diventò simbolo dell’ideologia razzista che dilagava nel sud degli Stati Uniti.
Senza volerlo, diventa lei il soggetto principale della fotografia; la posizione centrale, la luce che le illumina perfettamente parte del volto, specialmente la sua bocca, parzialmente aperta a formare un ghigno che lascia trasparire il suo unico sentimento, il disprezzo.
Chi è intorno diventa comparsa, i riflettori sono puntati su di lei, e successivamente “sull’’oggetto” del suo odio, Elizabeth, cui si giunge quasi in un secondo momento, seguendo lo sguardo della Bryan.
Potremmo fermarci qui, a questo 4 Settembre del 1957.
Ma le vite di Elizabeth e Hazel andarono avanti.
La foto diventò subito famosa in tutta l’America, arrivando anche agli occhi del Presidente Eisenhower che prese le redini della situazione e chiese ai soldati di intervenire per consentire ad Elizabeth e agli altri 8 ragazzi di accedere al liceo e seguire le lezioni.
Questo però risolse ben poco; i soprusi continuarono, i Little Rock Nine venivano giornalmente aggrediti fisicamente e verbalmente, non vi era pace.
La situazione degenerò molto velocemente, tanto che nel 1958, il governatore Faubus, contrario alla de-segregazione, decise di chiudere tutti i licei della capitale dell’Arkansas per tutto l’anno (“l’Anno Perduto”) costringendo molti ragazzi a trasferirsi in un altro liceo, e così fece anche Elizabeth, che non senza fatica, riuscì comunque a diplomarsi.
Tutto questo solo per impedire ai ragazzi di non entrare.
Anche Hazel fu costretta a ritirarsi dal liceo, ma le motivazioni furono un po’ diverse. Dopo che la foto diventò celebre, iniziò a ricevere diverse lettere offensive dal Nord America, tanto che i genitori, per proteggerla, la iscrissero in un altro liceo.
Hazel divenne adulta. Sono gli anni ‘60 e dalla sua radio risuonavano le parole di Martin Luther King: “I have a dream”.
Per la prima volta si rese conto di aver dato una spinta a quell’odio che ora faceva ribrezzo anche a lei. Voleva cambiare, e così decise di scusarsi. Con Elizabeth prima, cui telefonò nel 1967. E con il mondo intero poi, cercando di fare ammenda, dedicando il resto della sua vita a battersi per i diritti dei neri.
Per un breve periodo le due donne divennero amiche, tanto che Will Counts, al 40esimo anniversario di questa fotografia le ritrasse anziane ma a braccetto davanti alla Little Rock Center.
Successivamente presero strade diverse.
Elizabeth testimoniò quanto segue: “La vera riconciliazione può avvenire solo quando riconosciamo onestamente il nostro doloroso, ma condiviso, passato”.
Per Hazel rimase solo un amaro rimpianto.
“Avevo solo sperato di poter mostrare questa foto e dire: ‘Allora è successo questo e quest’altro, e ora …. ma non c’è ‘ora’. E questo mi rende triste. Mi rende triste per loro, mi rende triste per i futuri studenti della nostra scuola e per i libri di storia, perché mi piacerebbe un lieto fine. E non ne abbiamo nessuno”