
Nessuno parla di ciò che sta avvenendo in Bielorussia.
Uno stato poco conosciuto, ma si tratta dell’ultima dittatura europea. Il presidente in carica è stato eletto nel 1994 con le prime elezioni in Bielorussia; il paese si trovava allora in una crisi profonda a seguito del tracollo dell’Urss e Lukashenka vinse grazie alle promesse di riforma economica.
La sua politica è legata a doppio filo con quella russa, poiché totalmente dipendente per il gas ed elettricità, quindi le promesse fatte in fase elettorale vennero subito disattese, dedicandosi alla caccia ai ‘generali ed ufficiali corrotti’, con risultati che possiamo ben immaginare: arresti di oppositori, giornalisti, ecc..
Oggi i giovani di Minsk si stanno finalmente rivoltando alla repressione di uno stato di stampo monopartitico e chiedono ai loro coetanei in Europa di parlarne, poiché hanno bisogno di supporto.
Seimila persone di età molto giovane arrestate, altrettante sono state ferite.
In rete si vedono video di polizia e militari che caricano o sparano sulla gente.
Ma cosa è successo esattamente?
La scorsa domenica 9 Agosto si sono svolte le elezioni presidenziali e il presidente uscente ha ottenuto l’ottanta percento dei voti; tuttavia, secondo le opposizioni, si sarebbero svolte delle irregolarità e, secondo i miei contatti in Bielorussia, le schedine elettorali con voto contrario al presidente sarebbero state piegate in punti particolari in modo da invalidarle.
Gli exit poll sembrerebbero appunto confermare tali accuse: con percentuali esattamente opposte al risultato della consultazioni elettorali, il dittatore avrebbe ottenuto un misero 10% rispetto a tutti gli altri candidati (rispettivamente 46,3% Paese per la Vita e un 40% Indipendente, fonti: radiofreeeurope)
Al di là di ciò, questo paese era già in subbuglio per la pessima gestione del Covid-19 e, a seguito dell’arresto del candidato principale dell’opposizione Sergey Tichanovsky, il 29 Maggio sono scese in piazza migliaia di persone contro il governo autocratico armati di ciabatte e mascherina, per protestare nei confronti delle parole del presidente Lukashenka (che sosterrebbe la non esistenza del Covid-19) ed anche per schiacciare membri della nomenclatura in carica dal collasso dell’Urss (dal russo: Стоп таракан! Но пасаран! ovvero Basta scarafaggi! Non passeranno! La seconda frase è della guerra civile spagnola, antifascista).
Si sono succeduti scontri ed arresti di oppositori politici, fino a culminare con l’allontanamento forzato dell’oppositrice Tikhanovskaja, costretta a fuggire in Lituania per le minacce ricevute.
A seguito di ciò le proteste sono aumentate a dismisura ed è stato indetto uno sciopero generale.
La risposta del governo centrale non si è fatta attendere molto, applicando una repressione spietata, con migliaia di feriti e arresti: per ora si contano due morti durante i tafferugli tra manifestanti e polizia.
Gli arresti tra i giornalisti sono all’ordine del giorno, uniti ad un impriogionamento sistematico di molti personaggi scomodi e naturalmente oppositori politici.
Sono state viste anche truppe paramilitari senza alcun segno distintivo, con forte accento russo; la ferocia con cui si accaniscono contro persone a caso è assurda.
Circolano video di persone selvaggiamente pestate mentre si recano a comprare generi alimentari.
Una situazione pericolosamente simile all’Ucraina, ancora flagellata da una guerra civile.
I media non allineati al regime riferiscono di torture e mutilazioni nelle carceri; dei 40 giovani arrestati solo 3 non hanno subito lesioni fisiche gravi (secondo la Novisti Tut). Iniziano ad uscire video di pestaggi e pesanti soprusi perpetuati dalle guardie carcerarie, persone denudate, umiliate e ridotte a sacchi da pugilato.
Le reazioni della comunità internazionale sono state timide ed inesistenti; si parla di condanne a Lukashenka, ma senza molta convinzione.
Tutto sta passando in sordina.
Unica speranza sono i giovani bielorussi, in lotta per ottenere ciò che noi abbiamo già: libertà e democrazia contro un regime sordo e repressivo, ancora legato agli antichi poteri sovietici, quindi forte dei vecchi ed efficaci mezzi per reprimere il consenso.
Stanno chiedendo spazio nei media, dato che nel loro paese di spazio non ne hanno.