
Tra i tanti lavori che ho fatto durante gli studi, c’è stato quello di assistente alle vendite in un piccolo negozio a Torino di articoli di arredamento d’interni e oggetti di design. Quando ho iniziato non conoscevo assolutamente nulla di tutto ciò. A dir la verità, anche prima di andare al colloquio, non sapevo proprio cosa aspettarmi: un’Ikea formato mini? Come faceva un piccolo negozio a vendere mobili? Che tipo di oggetti avrei dovuto promuovere?
Il bello di tutto ciò era che nemmeno girando per il punto vendita mi si chiarivano le idee, anche spiegare poi ad amici e parenti cosa vendesse il negozio diventava veramente un’ardua impresa. In realtà la risposta era semplice e si presentava sempre alle prime esclamazioni dei clienti: “Ma questo serve a fare quello? Ma dai! Ma che simpatico!”. Quest’affermazione potrebbe distruggere anni e anni di studi approfonditi di grandissimi maestri del design, ma secondo me racchiude perfettamente ciò in cui questo si è trasformato negli ultimi anni: un prodotto commerciale.
Se qualcuno mi chiedesse di definire il design mi troverei in seria difficoltà, forse risponderei in maniera semplice che è “quando un oggetto è sia utile che bello”, ma per fortuna mi viene in soccorso Paul Rand, il curatore del redesign del logo della IBM e del marchio della Westinghouse Electric per intenderci, che dice così: “Il design è il metodo per mettere insieme forma e contenuto. Il design, proprio come l’arte, ha più definizioni; non esiste un’unica definizione. Il design può essere arte. Il design può essere estetico. Il design è così semplice, ecco perché è così complicato”.
Dall’architettura, ai loghi, agli oggetti, alla moda, il design si può ritrovare in moltissimi contesti diversi. I nomi di coloro che hanno creato utensili, abitazioni, concetti pensando anche al loro lato estetico, oltre che funzionale, sono innumerevoli. Dico “coloro” perché quasi chiunque in qualsiasi settore può trovarsi di fronte all’invenzione di qualcosa che sia bella e utile assieme.
Il design è, quindi, un modo di ideare qualcosa veramente complesso da spiegare. Si pensi anche solo che, dal punto di vista legislativo, diventa complicato regolamentare un oggetto che racchiuda in sé sia caratteristiche artistiche che di prodotto commerciale.
Se prima però il valore artistico e intellettuale era di gran lunga ciò che contraddistingueva un oggetto di design da un altro, sembra che negli ultimi anni la tendenza sia quella di rendere anche quelli un normale prodotto di massa.
Basti vedere come siano aumentati i negozi che fanno del design la loro identità o la stessa Rinascente che dedica, ormai da un paio d’anni, enormi spazi a oggetti di abbellimento per la casa, arredamento, stoviglie, utensili per qualsiasi scopo. Ma se c’è chi vende, c’è ovviamente anche chi crea. Dal Nord Europa arrivano nomi di grandi aziende che fanno della linearità e semplicità i loro punti chiave, ma non mancano aziende, perlopiù francesi e italiane, che nel tempo si sono fatte conoscere e oggi, grazie anche ad avvincenti piani marketing, sono sulla bocca di tutti.

Il gusto per l’oggetto sì utile, ma anche bello da vedere, si fa largo in mezzo a tanti prodotti che svolgono la stessa funzione, ma ormai “banali” o “visti e rivisti”. Le persone cercano lo stupore. Va bene se ti serve una lampada, ma pensa se avesse quella forma? Ti serve un appendiabiti? Pensa se fosse fatto in un modo piuttosto che in un altro? E avanti così per qualunque cosa vi venga in mente.

La sua commercializzazione intesa come prodotto di massa ha fatto inoltre sì che il design divenisse un oggetto artistico accessibile a tutti. Chiunque, a casa o indossato, può ormai sfoggiare oggetti che una volta erano per pochi danarosi o il cui chiaro destino era di finire in un qualche museo o mostra.
Oggi non è evidentemente più così. La nostra “società dell’apparenza” ha fatto sì che sempre più oggetti, a volte dal valore inestimabile a volte meno, potessero essere alla portata di tutti e così anche quelli di design.
La ricetta vincente è composta da un pizzico di stupore, un cucchiaino di utilità, uno di gusto estetico e una manciata di idee geniali. Ingrediente segreto? Il “legame” che si crea tra chi compra e l’oggetto in questione. Un legame che può essere definito da un ricordo, un messaggio simpatico da trasmettere, un regalo ironico.
Ecco allora pronto il nostro oggetto di design, nonché perfetto prodotto economico, dove è l’idea il valore primario e ciò per cui valga la pena acquistare un prodotto, l’idea di aver realizzato un oggetto di uso comune con un aspetto estetico del tutto diverso da ciò a cui siamo abituati.
Questo genere di dettagli di cui ci piace sempre più circondarci, specialmente le nuove generazioni, sono anche quelli che danno un gusto dolce alla vita quando torniamo a casa da lavoro stanchi, siamo stressati per un esame o siamo turbati da qualche problema. Di sicuro non sono la soluzione, ma ci strappano un sorriso.
Grazie design, life is hard enough.